Dalla mezzanotte di martedì l’Iva, l’imposta sul valore aggiunto, aumenterà di un punto percentuale, passando dal 21 al 22%. Ad essere colpiti dall’aumento dell’aliquota saranno gioielli, arredamenti, cd, hi-fi ed elettrodomestici, abbigliamento, attrezzature sportive e molti servizi come lei telecomunicazioni, le prestazioni di avvocati, notai e commercialisti.
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Se ne è parlato molto in queste ultime settimane, in quanto questo aumento dell’Iva potrebbe non avere gli effetti benefici sule casse dello stato nei quali spera il Governo, anzi, le conseguenze potrebbero essere un’ulteriore contrazione dei consumi e problemi maggiori per le famiglie già fiaccate dalla crisi economica.
Ma all’orizzonte si profila un nuovo scenario: se il premier Letta riuscirà ad incassare la fiducia il prossimo mercoledì il dibattito sull’Iva potrebbe essere riaperto. Non si deve pensare, però, ad un possibile passo indietro, impossibile a pochi giorni dall’entrata in vigore dell’aumento, ma ad una possibile rimodulazione dell’applicazione dell’aliquota in base alla tipologia dei beni e agli scopi per i quali il Governo la modifica.
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Infatti, secondo le direttive europee, gli Stati membri possono prevedere delle esenzioni all’aumento dell’aliquota sul valore aggiunto quando queste servano a portare allo scoperto l’economia sommersa o favorire l’occupazione. Diversa però la valenza che un gesto del genere avrebbe a livello politico: per il Governo Letta travolto dalla crisi post condanna di Silvio Berlusconi, sarebbe un ottimo modo per recuperare fiducia e credibilità verso i cittadini.