L’articolo 2 del Decreto legislativo 74/2000 ha spiegato qual è il reato di dichiarazione fraudolenta e nella casistica nel mirino dell’Erario e della Guardia di Finanza, c’è anche la pratica di alcuni amministratori di società che gonfiano le buste paga dei dipendenti in modo da avere un escamotage per non pagare IRPEF ed IVA.
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La Guardia di Finanza, allora, ha deciso di affidarsi alle dichiarazioni dei lavoratori mettendo nel sacco gli amministratori scorretti. Tutto è ben definito nella sentenza numero 3071 della Corte di Cassazione, del 23 gennaio 2013. Il fatto è ricostruito in questo modo.
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Il tribunale ha condannato gli amministratori di una società Srl, per dichiarazione fraudolenta, prendendo in esame le fatture e i documenti che si riferivano ad operazioni in realtà inesistenti. Con l’obiettivo di evadere le tasse, questi amministratori avevano ritoccato le dichiarazioni del 2005 e del 2006, elencando una serie di elementi passivi fittizi.
In pratica avevano elencato dei costi sostenuti, soprattutto legati al pagamento del personale. In tutto avevano provato a far passare sotto la lente d’ingrandimento del Fisco e della Finanza, elementi passivi fittizie per un valore di circa 116 mila euro. Le buste paga dei dipendenti riportavano importi superiori a quelli effettivamente versati. Alla fine le Fiamme Gialle, con una serie di questionari rivolti ai dipendenti della società, sono riusciti a smascherare la frode.