Il caso che ha portato alla sentenza n. 18284 dello scorso 25 ottobre della Cassazione è quello di un dipendente di un istituto bancario, addetto alla vigilanza, il quale ha richiesto di avere una retribuzione maggiore per le giornate lavorative effettuate dopo il sesto giorno di lavoro consecutivo.
L’istituto bancario ha concesso un extra per la retribuzione, ma lo ha calcolato come se fosse la retribuzione per il lavoro domenicale. Il dipendente, non soddisfatto, si è appellato al tribunale, che però non ha concesso un ulteriore compenso. Da qui il ricorso alla Cassazione motivato dalla esiguità del compenso per il settimo giorno lavorativo, motivazione accolta dal Supremo Tribunale: il lavoratore che lavora oltre il sesto giorno consecutivo ha diritto ad un compenso di natura retributiva che tenga conto del sacrificio della privazione del giorno di riposo.
Questo perché, secondo la sentenza della Cassazione n. 2610/2008
il lavoro prestato oltre il settimo giorno non determina solo la limitazione di specifiche esigenze familiari, personali e culturali alle quali il riposo domenicale è finalizzato, ma una “sofferenza” extra: la privazione della pausa destinata al recupero delle energie psico-fisiche.
Quindi, concludono i giudici della Suprema Corte:
In mancanza di una previsione del contratto collettivo nazionale di lavoro sarà compito del giudice determinarne la misura tenendo conto dell’onerosità della prestazione lavorativa e di eventuali forme di compensazione normativamente previste per istituti affini, quale il compenso del lavoro domenicale, ma non quello per lavoro straordinario.