Continuano a crescere i timori che provengono dai mercati emergenti, che influiscono sulla la borsa di Tokyo che ha visto un arretramento dell’indice Nikkei del 2,51% lasciando aperto un ampio spazio tra 15288 e 15109 punti.
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La scorsa ottava l’indice ha fallito il recupero dei 16000 punti ed e’ stato costretto a ripiegare con una evidente accelerazione ribassista, spiega il report di Fta on line. La flessione, per quanto significativa, non comporta l’invio di segnali grafici rilevanti ma cancella il tentativo di recupero dei corsi avviato a metà gennaio. Requisito fondamentale per salvaguardare lo scenario rialzista di fondo resta ora la permanenza al di sopra di area 14800, trend line che sale da giugno e area di transito della media a 100 giorni. Fintanto che tale riferimento strategico rimarra’ intatto, infatti, sara’ lecito attendere una nuova reazione che, per essere credibile e rilanciare le prospettive di crescita, dovra’ comunque superare area 16000, meta che ora si e’ allontanata notevolmente. Discese sotto 14800 rischierebbero invece di anticipare ribassi ben più ampi, favorendo l’inversione della tendenza ascendente originata dai minimi della prima metà di giugno. In forte calo anche il Topix che avvia l’ottava a 1229,23 punti (-2,80%).
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Sul versante macroeconomico il Ministero delle Finanze giapponese ha reso noto questa mattina il dato relativo alla Bilancia Commerciale. Nel mese di dicembre il deficit si è attestato a 1302 miliardi di yen, in crescita rispetto ai 1293 miliardi rilevati in novembre e superiore ai 1223 miliardi stimati dagli analisti. Crescono meno del previsto le esportazioni, aumentate del 15,3% a fronte di u n incremento atteso del del 17,8%. Le esportazioni verso la Cina, il principale partner commerciale del Giappone, sono cresciute del 34,4%, quelle verso gli Stati Uniti sono aumentate del 13%, mentre quelle verso l’Unione Europea del 21,1%. Le importazioni sono aumentate del 24,7% a fronte di una crescita prevista pari al 26,1%. Il rallentamento dell’economia cinese, l’incertezza dei Paesi emergenti ed il tapering Usa hanno favorito il rafforzamento dello yen.