Negli ultimi dieci anni Banco Posta è diventato un prodotto di primo piano. Nel 2012 alla divisione “bancaria” è imputabile oltre il 60% dei ricavi dell’intero gruppo, pari a 9,2 miliardi di euro. > I servizi finanziari di Poste Italiane potrebbero attrarre gli investitori
Il problema nasce perché legalmente BancoPosta non è una banca e quindi non è interamente assoggettata alle regole di vigilanza che sono validi per gli istituti di credito. A richiedere la parità di trattamento è l’Abi (Associazione bancaria italiana), che esige fondamentalmente la sottomissione piena alla vigilanza di Bankitalia; a oggi, ad esempio, a BancoPosta non viene chiesto lo stesso rispetto dei limiti patrimoniali che così tanto hanno fatto tremare le fondamenta di molte banche.
In realtà Banco Posta non può dare credito e perciò non è una banca. In realtà, le Poste hanno accordi con istituti esterni come Deutsche Bank proprio al fine di erogare indirettamente prestiti e mutui. Vanno poi messi in conto alcuni “monopoli di fatto”, come vengono definiti dall’Abi, come il pagamento di alcuni bollettini e imposte, che portano naturalmente commissioni.
La condizione potrebbe probabilmente mutare in futuro, con il piano di privatizzazioni presentato dal governo che prevede, tra le altre mosse, la vendita del 30-40% di Poste Italiane entro la fine dell’anno. Stando alle prime indiscrezioni la cessione non dovrebbe riguardare né Poste Vita né Banco Posta. Dopo molti cambiamenti, pur non ufficialmente banca, il gruppo di Poste Italiane sono diventate ormai un punto a cui riferirsi anche per i risparmiatori.