Il presidente di Confindustria commenta la reazione del governo alle richieste degli imprenditori: ”E’ stata fatta una buona analisi ma non sono state date le risposte che ci attendevamo. Dateci un Paese normale e vi faremo vedere di cosa siamo capaci”. Parte da Torino la marcia digitale dei 40mila. Bce: la ripresa è ancora a rischio. Italia al top per disoccupazione giovanile. Fmi avverte: caos giustizia in Italia. “Rallenta la crescita nel Belpaese”
“E’ stata fatta una buona analisi ma non sono state date le risposte che ci attendevamo”. Questo il commento di Squinzi, a margine della sua partecipazione all’Unione Industriale di Torino.”Vogliamo rendere noto, per chi non l’avesse capito, che il disagio delle imprese ormai dura da più di cinque anni” ha sottolineato Squinzi.
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“Dobbiamo chiedere l’avvio di un percorso di riforme, a cominciare da quelle istituzionali, perché abbiamo bisogno che la crescita sia sostenuta da un sistema Paese che funzioni”. “Dobbiamo puntare alla modernizzazione delle istituzioni – ha spiegato ancora – per renderle in grado di decidere”. Questo, “superando il bicameralismo perfetto, riformando, e questo è fondamentale, il Titolo V della Costituzione in modo da riportare al centro le competenze su materie di interesse nazionale” e “riducendo il perimetro pubblico e proseguendo il processo di liberalizzazione”.
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“L’appello di noi imprenditori è molto semplice – ha detto terminando il suo intervento – dateci un Paese normale e vi faremo vedere di cosa siamo capaci”. Per Squinzi, “occorre riorganizzare la pubblica amministrazione, liberando il Paese dalla burocrazia e da regole opprimenti che sono il terreno su cui proliferano corruzione e malgoverno”. “La crisi ha radici profonde a causa delle mancate riforme e del conseguente ristagno della produttività – ha detto nel suo intervento Licia Mattioli, presidente dell’Unione Industriale di Torino – e senza una terapia d’urto la nostra economia rimarrà impantanata in una palude. Non possiamo più aspettare, occorre agire con la massima determinazione se non si vuole che una parte cospicua dell’Italia industriale finisca con l’essere cancellata”