Il ritmo della migrazione delle zone rurali cinesi verso le città, una dinamica salutatta dal premier Li Keqiang come chiave per lo sviluppo della nazione, è destinata a rallentare di un terzo nei prossimi anni, aumentando le preoccupazioni economiche per la crescita.
Un rapporto del governo pubblicato questo mese prevede un aumento 6,3 punti percentuali della quota di persone che vivono nelle città entro il 2020. Nomura Holdings ha stimato che l’urbanizzazione più lenta porterà a un punto percentuale di crescita annua del Prodotto interno lordo (Pil) in meno nel prossimo mezzo decennio.
► Il rallentamento della Cina e gli obiettivi
Negli ultimi 30 anni in Cina molti contadini sono stati trasformati in operai, innescando enormi guadagni in termini di produttività e quindi di crescita. Ora quei guadagni sono in diminuzione.
Il presidente Li è sempre più sotto pressione per prendere misure per affrontare l’indebolimento della crescita economica. Una relazione di ieri ha indicato il quinto rallentamento nella produzione della seconda più grande economia del mondo.
Il premier, che ha sostenuto una strategia di urbanizzazione e di crescita per due decenni, lavora contro l’aumento del debito pubblico locale e l’inquinamento dell’aria in quasi tutte le grandi città. La decrescente urbanizzazione rende più difficile raggiungere gli obiettivi economici, tra cui l’obiettivo di crescita del 7,5% di quest’anno. Sembra che non si può andare avanti con lo stesso modello di urbanizzazione.
Il rallentamento economico della Cina ha alimentando le voci di un allenatamento della politica monetaria per favorire la crescita.
La Cina ha spostato più di 300 milioni di persone in città dal 1995 e il presidente Li deve trovare un modo per accoglierrne quasi altrettanti dalla campagna senza distruggere ulteriormente l’ambiente.