Il Senato ha votato il rinvio al 2015 del pareggio di bilancio. “La ripresa economica, ancora fragile, si associa a condizioni di liquidità delle imprese ancora lontane da livelli accettabili. La situazione del mercato del lavoro rimane molto difficile”, ha detto in Senato il ministro dell’Economia, Carlo Padoan, spiegando le logiche che rendono indispensabile prolungare i tempi di risanamento del bilancio.
Il governo ha ufficializzato il rinvio inviando una lettera a Bruxelles, e la risposta della Commissione europea, sembra una semplice presa d’atto. Fino ad oggi l’esecutivo comunitario ha eluso di forzare i toni, dicendo solo che l’Italia deve azzerare il disavanzo strutturale, senza precisare entro quando.
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Nell’ammettere devianze dal pareggio per “eventi eccezionali” come periodi di “grave recessione economica”, l’articolo 81 obbliga il governo ad avere l’appoggio delle Camere con un voto a “maggioranza assoluta”. L’Italia si era vincolata con la Commissione europea a raggiungere e mantenere dal 2014 un disavanzo entro lo 0,5% del Pil, al netto del ciclo economico e delle una tantum. Ma far fronte a tali impegni avrebbe richiesto una manovra correttiva di mezzo punto percentuale, invece che di 0,2 punti come prevede il Documento di economia e finanza (Def).
Il nuovo quadro di bilancio indica il saldo strutturale a -0,6% del Pil nel 2014 e a -0,1 nel 2015. Il pareggio pieno scivola di un anno al 2016.
Padoan si è impegnato con l’Europa a definire “una manovra di consolidamento fiscale interamente finanziata da riduzioni di spesa pari a 0,3 punti percentuali di Pil sul saldo primario”, chiarisce il Def.