I rendimenti dei titoli di stato sono passati in meno di dieci mesi da un livello del 5 per cento ad un livello del 3 per cento, un andamento su cui nessuno avrebbe scommesse, raggiungendo in questo ultimo periodo il minimo storico assoluto di sempre. Due fenomeni in particolare sembrano aver favorito questa corsa al ribasso dei rendimenti, le politiche accomodanti e la possibilità di quelle non convenzionali messe a disposizione dalla Banca Centrale Europea e la paura della crescita dell’ inflazione, che tuttavia in tempi più recenti si trasforma nella misura del suo contrario, la delazione.
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A questo quadro si aggiunge il problema della liquidità, il quale continua a spingere verso la ricerca di rendimenti interessanti e a far rialzare il prezzo dei titoli di stato mentre tiene basso il loro yield.
C’è da dire però che in Italia sono stati abbandonati i timori in merito ad una serie di problematiche che ancora investono il paese, tra cui spiccano la realizzazione e l’ efficacia delle riforme, il contrasto della disoccupazione e il blocco dell’ aumento del debito pubblico, nonché la possibilità di muoversi verso stimoli per rilanciare il tessuto industriale e produttivo. La flessione dei rendimenti dei titoli di stato è quindi il risultato delle cause che abbiamo prima elencato, come la situazione di quasi delazione, il sostegno della banca Centrale Europea e la liquidità in cerca di rendimento, ma anche la mancanza di valutazione dei rischi a cui il paese è quindi ancora soggetto. In definitiva quindi la performance dei titoli di stato non esprime particolari virtù del paese e dunque il clima di ottimismo che oggi si respira potrebbe mutare nei prossimi mesi, qualora i mercati iniziassero a considerare i rischi rispetto ci rendimenti. Per cui l’ ulteriore acquisto di titoli di stato in questo periodo con scadenze prolungate a tre o quattro anni ci prezzi odierni non è prudente.