Succede già da qualche settimana, soprattutto nel breve periodo. Dollaro neozelandese e dollaro australiano fanno fatica a muoversi in maniera correlata, ne abbiamo avuto conferma anche dopo la decisione sui tassi da parte della RBNZ.
Sempre al fine di raffreddare l’immobiliare e con l’evidente contraddizione che viene portata avanti dalla Reserve Bank of New Zealand, ovvero il desiderio di vedere una divisa più debole rispetto ai valori raggiunti attualmente, la RBNZ ha alzato come da attese i tassi dal 3.00% al 3.25%. A differenza della BCE, spiega Matteo Paganini di DailyFx che non prende posizione sul tasso di cambio in quanto non facente parte dei propri target, la RBNZ si è definita sorpresa che il valore del dollaro neozelandese non si sia ridimensionato assieme al calo del prezzo delle materie prime, ma si attendono che questo accada.
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Oltre a ciò, la Banca capitanata da Wheeler ha dichiarato apertamente che un tasso di cambio così alto non è sostenibile, pensando alla crescita economica futura. Nello stesso tempo però, le pressioni inflazionistiche che gravano sull’immobiliare fanno sì che si decida di alzare il costo del denaro, al fine di incentivare le sottoscrizioni di titoli che pagano un risk free (governativi, per esempio), in modo tale da drenare liquidità in circolazione e quindi l’inflazione. Il problema è che, di fronte ad un mercato globale dove i rendimenti latitano (pensiamo ai tassi di interesse relativi alle maggiori economie consolidate), gli investitori vanno a ricercare qualche lido sicuro ed in grado di offrire un duplice effetto prezzi-tassi, quello che la Nuova Zelanda è ben in grado di fare.