Lo scorso 30 luglio 2014 l’Argentina, da tempo sulle pagine dei quotidiani finanziari di tutto il mondo per la vicenda dei cosiddetti tango bond, è entrata per la seconda volta in tredici anni in uno stato di default tecnico. Non è infatti riuscita ad onorare gli impegni presi con i creditori internazionali che hanno acquistato i suoi titoli di stato aderendo alla ristrutturazione del debito, dal momento che, non avendo trovato di recente un accordo con i possessori degli hedge fund, i pagamenti sono rimasti bloccati.
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Dopo questo cruciale evento, quindi, si profilano all’orizzonte una serie di conseguenze per i risparmiatori che detengono i titoli argentini, che avrebbero dovuto ricevere interessi per 539 milioni di dollari. Tra questi risparmiatori vi sono anche molti italiani, i quali, in un periodo compreso tra il 2005 e il 2010 hanno aderito al concambio sui titoli in seguito alla ristrutturazione del debito.
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Sono infatti circa 400 mila gli italiani in questa situazione, ma per loro si prevedono conseguenze non molto felici. I titoli in questione potrebbero in primo luogo subire un’ulteriore svalutazione dopo quella che ha cambiato il loro valore facendo acquisire una perdita di circa il 70 per cento, ma anche aumentando il tempo previsto prima della data di scadenza.
Per costoro, tuttavia, il ricorso alla via giudiziaria sarà più difficile del previsto, perché i nuovi bond argentini prevedono clausole di azione collettiva che richiedono una maggioranza difficile da raggiungere. In più entro la fine del 2014 è anche in scadenza la clausola RUFO, a favore degli hedge fund e dei titoli non ristrutturati.