In atto, presso il gruppo Ubi Banca, una forte riorganizzazione interna. L’istituto sta ridefinendo il proprio asset distributivo. Sono stati chiusi 114 punti operativi: si tratta di cinquantanove minisportelli (mini filiali prive di autonomia) e di cinquantacinque filiali. Altre cinquantaquattro, successivamente, diventeranno minisportelli. Due passeranno dall’essere minisportelli all’essere delle vere filiali.
L’operazione coinvolge 1.277 lavoratori su 18.337 totali. Di quesi, settecento provengono dalla precedente ridefinizione dell’assetto, e saranno accompagnati alla pensione, nei casi in cui sarà possibile, oppure verranno riqualificati.
Il riassetto annunciato dal quarto gruppo bancario italiano si configura come la prima una serie di riorganizzazioni in atto dal 2007, congruenti all’esigenza di accelerare l’utilizzo della multicanalità. Queste riorganizzazioni hanno condotto a una riduzione del 12,4% delle filiali (attualmente sono 1.725) e a una contrazione del personale del 15,5%.
Gli esperti spiegano così quello che non vuole essere definito come piano industriale.
Vi è un graduale passaggio nella definizione e nella tipologia dei consumatori. Il classico cliente che va in banca per fare operazioni di routine lascia il posto al “cliente 3.0” che, grazie a computer, tablet e smartphone, si porta la banca a casa, standosene comodamente seduto in poltrona. Un fenomeno in continuo aumento considerato che i clienti on line del gruppo sono cresciuti del 190% in 7 anni, passando dai 421mila del 2007 al milione e 222mila del 2013. Se è vero che la banca non si fa solo con le macchine, è altrettanto vero che il suo ruolo non può cristalizzarsi ma deve adeguarsi, rimodulandosi su un servizio di consulenza ad alto valore aggiunto. Ma ad oggi meno del 50% del totale dei dipendenti fornisce servizi commerciali e di consulenza alla clientela.