L’operazione di buy back di titoli di debito delle Regioni, che al momento è in discussione, ha l’obiettivo di generare risparmi sulla spesa per interessi della pubblica amministrazione e una semplificazione delle posizioni debitorie delle Regioni.
Saranno resi noti tra qualche settimana i dati relativi ai risparmi che il Ministero dell’Economia e delle Finanze avrà garantito alle Regioni e alla Pubblica Amministrazione nel suo totale in virtù dell’operazione di buy-back, ovvero di riacquisizione dei titoli da parte di 8 Regioni: Abruzzo, Campania, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia.
L’importo nominale dei titoli oggetto del potenziale riacquisto è pari a circa 8,2 miliardi di euro (circa la metà dei BOR in circolazione).
Dal momento in cui l’operazione sostituisce titoli regionali emessi anni fa a tassi ben più alti degli attuali con mutui a tassi correnti, a sua volta finanziati agli attuali tassi di mercato da parte del Tesoro, ne deriverà una riduzione della spesa complessiva per interessi della P.A.. Nel contempo, il risparmio di interessi per le Regioni è prioritariamente destinato al pagamento dei debiti commerciali delle stesse.
Al termine della procedura, si assisterà anche ad una semplificazione delle posizioni debitorie delle Regioni, in quanto, come previsto dalla norma, qualora ai titoli oggetto del riacquisto siano associati dei derivati (swap), le Regioni dovranno obbligatoriamente procedere alla loro contestuale chiusura, avvalendosi del supporto del Ministero dell’Economia e delle Finanze per questa operazione.
Di questa operazione hanno parlato nei giorni scorsi diversi organi stampa, con toni allarmistici e paventando danni ai conti pubblici o l’ingerenza di interessi particolari.
Il divieto di operare in derivati per gli Enti Locali esiste dal 2008: allora perché tante polemiche?Già dal 2008 le norme vietano agli Enti Locali di effettuare operazioni finanziarie che coinvolgano derivati. Divieto ulteriormente sancito e reso permanente con la Legge di Stabilità per il 2014 entrata in vigore il primo gennaio di quest’anno.