Jean-Claude Trichet, ex governatore della BCE, ha manifestato il suo ottimismo circa la possibilità che tra le grandi economie del pianeta con valute convertibili si trovi un accordo al fine di evitare un rally alla svalutazione per fini competitivi.
Vi sono numerose opportunità, secondo Trichet, affinché la situazione si stabilizzi tra le grandi valute convertibili. L’ex Governatore ha rammentato che non esisteva un’attenzione così forte al cambio delle valute sin dai tempi della fine di Bretton Woods, dichiarando che a ciò sembrano guardare gli americani, i britannici, i giapponesi e gli europei.
Il dollaro USA si è rinforzato del 15% contro lo yen quest’anno e del 13% contro l’euro. L’8 maggio scorso, prima che la Banca centrale europea annunciasse nuovi stimoli monetari, il cambio tra l’euro e il dollaro si aggirava intorno a 1,40. Negli ultimi tempi scivolato a meno di 1,22, il livello più basso degli ultimi 2 anni.
Ma mentre l’Eurozona e il Giappone sono felici dell’indebolimento delle rispettive valute, diversa è la situazione tra i Paesi emergenti, dove si teme un eccessivo surriscaldamento dei prezzi. Le 31 valute emergenti controllate da Bloomberg fanno registrare la massima debolezza nei confronti del biglietto verde durate gli ultimi dieci anni. Paesi come Indonesia e Messico sono intervenuti a supporto della valuta locale, ma lo stesso stanno facendo da tempo anche il Brasile, per non parlare del caso eclatante della Russia, che ha visto crollare il rublo del 44% in meno di un anno.
Cosa fare, dunque, per evitare una svalutazione per fini competitivi?
Nel lungo periodo, l’equilibrio tra i cambi potrebbe arrivare solo se ciascuna economia facesse la sua parte: l’America dovrebbe ridurre gli stimoli monetari e il deficit fiscale, in modo da riequilibrare la bilancia commerciale; la Cina dovrebbe rendere più flessibile lo yuan e al contempo puntare meno sulle esportazioni e più sulla domanda interna. La Germania dovrebbe ridurre l’eccesso delle partite correnti, puntando sulla domanda privata interna, accettando una minore propensione al risparmio delle famiglie tedesche.