Durante gli ultimi giorni del 2014 il movimento in discesa riguardante il petrolio ha spinto i prezzi sia del Wti sia del Brent su livelli che non si vedevano dal 2009 e che ha costretto esperti di mercato e addetti ai lavori a rivedere al ribasso le proprie stime sulle quotazioni di greggio per l’anno in corso.
Tra questi c’è Michael Wittner di Société Générale cross asset research, che in uno studio di inizio dicembre sul petrolio ha tagliato le aspettative di prezzo per l’Ice Brent a una media di 70 dollari al barile nel 2015 e nel 2016, vale a dire 20 dollari in meno delle precedenti stime, mentre per il Nymex Wti si scende a 65 dollari, ossia 17 dollari in meno per il 2015 e 16 per il 2016. Société Générale ha deciso di ritoccare al ribasso le previsioni dopo la recente decisione dell’Opec di non tagliare la produzione di greggio, lasciando così che sia il mercato a decidere i prezzi. Dal 2016, invece, dalla banca d’affari francese stimano una risalita dei prezzi legata a una crescita dell’offerta da parte dei paesi dell’area non Opec e un incremento della domanda.
Nel documento riguardante la strategia di investimento mensile di dicembre, gli esperti di Credit Suisse fanno notare che “se per i paesi dell’Opec quali Arabia Saudita, Kuwait, Eau e Qatar, prezzi compresi tra 70 e 80 dollari sembrano accettabili – almeno per un certo periodo – un ulteriore calo a 60 o persino 50 dollari è probabilmente inaccettabile. Il nostro modello di fair value che mette in relazione la domanda, le scorte e i costi di finanziamento con i prezzi del petrolio, suggerisce inoltre che il petrolio (Brent, ndr) sarebbe nettamente sottovalutato a prezzi inferiori a 75 dollari. È anche probabile che questi livelli di prezzo rallentino l’espansione della produzione del petrolio di scisto. Nel complesso – tirano le somme dalla banca d’affari elvetica – crediamo che i prezzi del petrolio potrebbero trovare una soglia attorno a 70 dollari”.