Molte imprese italiane puntano sul cambio della valuta euro-dollaro e sono sensibili alla salita o alla discesa di questo cross per aumentare le loro finanze. Quali sono i settori che vedono i loro guadagni connessi all’area euro-dollaro?
Per quanto riguarda le singole imprese vale la pena di ricordare che il 65% del margine operativo lordo di Autogrill deriva dalla controllata Usa Hsm Host, mentre per la cugina dei duty free, Wdf, il 60% circa le margine lordo viene realizzato in Inghilterra e la sterlina è direttamente collegata al biglietto verde.
Senza dubbio il settore auto è molto sensibile al biglietto verde e nell’ordine, dopo l’acquisizione di Chrysler il 60% dei ricavi Fiat è realizzato in area dollaro, il 28% del fatturato di Cnh, il 24% delle vendite di Brembo, il 17% di quelle di Landi Renzo, il 14% di quelle di Sogefi e l’11% di quelle di Pirelli.
Il settore dei materiali di costruzioni è ugualmente sensibile al biglietto verde, mentre i nostri costruttori sono poco esposti in relazione alle commesse Usa. E in particolare Buzzi Unicem ha realizzato quasi il 40% del suo margine lordo in valuta Usa, contro l’8% di Italcementi che invece è molto esposta sui mercati emergenti data la sua forte presenza sui mercati emergenti come Egitto, Marocco e India. Sia Astaldi che Impregilo sono invece molto presenti in Europa e Italia, ma pochissimo del loro portafoglio ordini è in valuta Usa.
Tra i titoli energetici, Tenaris è la più esposta agli Usa, ma già realizza il suo bilancio in dollari, mentre per le utilities che in generale sono molto legate al fatturato domestico l’impatto è poco significativo, anche indirettamente sono influenzate dalle quotazioni di gas e petrolio. Quanto a Eni, per ogni cinque centesimi di variazione positiva del cambio, il gruppo ha un guadagno di circa il 5% in termini di risultato operativo (tenendo buoni i risultati e i cambi del 2013). Per Saipem invece il 5% della variazione della valuta si traduce in un effetto positivo sul risultato operativo del 3,5%.