C’è stato un ripensamento riguardo l’imposta sostitutiva per i finanziamenti delle banche e delle imprese e in particolare per quelli usati per sostituire precedenti passività. Per questo particolare tipo di prestiti, secondo la Corte di Cassazione, non può essere applicata l’imposta sostitutiva dello 0,25%. In arrivo una stangata per le imprese.
La questione sembra complessa ma il ragionamento della Corte di Cassazione è lineare: i finanziamenti delle banche alle imprese, che sono destinati a sostituire una precedente passività, non possono usare l’imposta sostitutiva. Quindi, se una banca concede ad un’impresa un finanziamento a lungo termine per estinguere una passività a breve termine non deve applicare l’imposta sostitutiva dello 0,25% ma deve applicare l’imposta ordinaria dovuta per il rilascio di garanzie e in particolare l’imposta ipotecaria con aliquota del 2% da calcolare sul valore ipotecato.
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A dirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 695 del 16 gennaio 2015. La decisione si traduce in un vero salasso per le imprese. A partire da quella che ha portato al pronunciamento dei porporati. Il caso specifico partiva da un mutuo di più di 600 milioni di euro con un’ipoteca di più di 1,2 miliardi di euro. Adesso l’imposta sostitutiva che dovrà pagare non è quella presunta di 1,5 milioni di euro (legata ai calcoli del contribuente), ma quella di 30 milioni di euro.
La questione dell’applicazione dell’imposta sostitutiva ai finanziamenti concessi dalle banche alle imprese per sostituire finanziamenti di breve termine con finanziamenti di lungo termine era già stata posta in passato e adesso torna in prima pagina. In passato si era detto che lo scopo dell’imposta sostitutiva era di incentivare gli investimenti produttivi capaci di creare nuova ricchezza impedendo l’uso nelle operazioni di rifinanziamento delle aziende in crisi.