Il costo del lavoro nell’Eurozona è molto diverso da un Paese all’altro e questo fa sì che ci siano anche imprenditori che in situazioni come quella italiana, preferiscano poi delocalizzare l’attività in regioni in cui il costo di un’ora di lavoro è più contenuto. Il tutto in attesa di conoscere gli effetti della legge di Stabilità.Il costo del lavoro in Italia è cresciuto e non si possono ancora valutare gli effetti della legge di Stabilità. Tuttavia non siamo ancora ai livelli massimi. Si può soltanto constatare – sulla base dei dati che arrivano da Eurostat – che il Vecchio Continente presenta uno scenario frammentato e l’unione dell’UE è quasi soltanto sulla carta, almeno per quel che riguarda il costo del lavoro.
> Ocse, l’Italia deve ridurre il costo del lavoro
Partendo dai dati Eurostat relativi al 2014 si nota che nel Vecchio Continente un’ora di lavoro può costare dai 3,8 euro della Bulgaria fino ai 40,3 euro della Danimarca senza tener conto di quello che accade in Norvegia dove per un’ora di lavoro si arrivano a pagare anche più di 50 euro.
L’Italia si colloca nella parte medio-alta della classifica e da noi un’ora di lavoro, all’impresa, costa mediamente 28,3 euro che sono meno della media dell’Eurozona fissata a 29 euro e più della media UE fissata a 24,6 euro. Ci sono però Paesi dove il costo del lavoro è davvero molto basso. Per esempio la Bulgaria, già citata, dove un’ora di lavoro costa 3,8 euro, oppure la Romania dove il costo di un’ora di lavoro è di 4,6 euro.
Non è un caso che proprio in questi Paesi dell’Est siano state delocalizzazione le produzioni di molte nostre imprese. In Italia, in più il 28,2% del costo del lavoro è determinato da voci extrasalariali come i contributi pagati ai lavoratori. Peggio di noi ci sono soltanto la Francia e la Sveglia dove i costi extrasalariali sono rispettivamente del 33,1% e del 31,6 per cento.