Le banche centrali stanno avendo sicuramente un ruolo fondamentale nonché un peso sulla crescita dell’economia mondiale. Nei prossimi mesi consentiranno, ad esempio, a Europa e Giappone di far rimanere i tassi reali negativi o molto vicini allo zero e ciò a livello macroeconomico influenzerà i tassi di cambio. A livello microeconomico, invece, ciò influenzerà l’andamento delle aziende.
Nel 2007, dopo lo scoppio della crisi, le banche centrali hanno iniziato ad intervenire in maniera sincrona per garantire la stabilità dei mercati finanziari. Successivamente, le banche centrali si sono spostate su obiettivi con un maggior carattere regionale. Nell’estate del 2014 c’è stato un cambio di ritmo vero e proprio di tutti gli istituti centrali nell’ottica delle politiche monetarie.
Nello specifico, la Bce ha azionato una politica mirata ad azioni non convenzionali. Quali frutti raccoglierà? Mario Draghi ha avuto l’opportunità di avviare il quantitative easing ma se le banche non riusciranno a trasportare nell’economia reale questa quantità di denaro lo sforzo del governatore dell’Eurotower sarà vano.
Inoltre, nell’Unione europea è tempo che agiscano le politiche fiscali. Per i Paesi che hanno abbondanza di spazio fiscale, è possibile pensare ad investimenti. Per i Paesi privi di questo spazio, è necessario partire con riforme strutturali.
Per quanto riguarda l’elemento dominante dell’anno in corso, in termini di scenari economici, c’è un consenso quasi totale tra gli esperti sul fatto che le materie prime scenderanno di prezzo. Ci saranno delle soprese? Se si, saranno relative a una stabilizzazione eventuale del prezzo delle commodities che potrebbe condurre ad una rivalutazione di tutta una serie di strategie sui mercati emergenti.
Nella realtà, se la crescita mondiale si porterà al 3,5% non c’è motivo di pensare ad un ulteriore grosso deprezzamento delle materie prime.