756.926 nuove attivazioni e 546.382 cessazioni dello stesso mese. Il saldo per i nuovi contratti di lavoro è più che positivo, per un totale di +210.000 circa.
Risultato, questo, che fa ben sperare. Si tratta infatti di un dato assolutamente migliore rispetto a quello del 2014 di 7mila unità: allora i nuovi contratti erano stati 718mila, con 514mila cessazioni. In confronto a marzo, prendendo in esame i dati preliminari anche di quel mese e dunque al netto del settore pubblico, ad aprile ha accelerato il ritmo di assunzione da parte delle imprese (si erano visti 641mila nuovi contratti, mentre le cessazioni erano state 549mila).
Restando su numeri più freschi, quelli di aprile 2015, si evidenzia che i contratti a tempo indeterminato sono 171.515; un anno prima erano stati 112 mila. Sale decisamente l’incidenza dei contratti ‘stabili’ (aprile è stato il primo mese intero di Jobs Act, mentre la decontribuzione dei nuovi assunti opera da inizio 2015): il 22,7% sul totale degli assunti contro il 15,7% nell’aprile del 2014. L’effetto aggiuntivo sull’occupazione resta difficile da valutare, in attesa dei dati Istat che già hanno freddato gli entusiasmi del governo in passato. Già il ministero, intanto, specifica che ad aprile le trasformazioni sono state quasi 36mila, mentre erano state meno di 20mila nello stesso mese del 2014.
“Per ora possiamo dire che ci sono state tante variazioni nella composizione delle assunzioni”, ragiona a caldo sui dati trasmessi di recente il professor Vincenzo Galasso dell’Università Bocconi di Milano. “E’ un percorso che ha un valore, visto che era in parte l’effetto al quale si puntava”.
Quello del lavoro resta, tuttavia, uno dei più grandi problemi del nostro Paese.