Un risultato straordinario in pochissimo tempo. Prosegue la “campagna acquisti” della banca centrale cinese a Piazza Affari. L’elenco delle partecipazioni nelle principali società italiane, rinvigorito fin dalle prime mosse del 2010, si estende a due istituti creditizi.
Si apprende dalle comunicazioni alla Consob, infatti, che la People’s bank of China è entrata nel capitale di Unicredit e di Mps con quote del 2%. Le operazioni sono state rese note alla commissione di controllo il 29 e 30 giugno. Stando ai valori borsistici, l’investimento dei banchieri cinesi dovrebbe ammontare a circa il 750 milioni per l’istituto con sede a Milano, e a 100 milioni per la banca senese.
Nell’ultima decade di giugno sempre People’s bank of China aveva dichiarato di detenere il 2,005% di Intesa Sanpaolo, accreditandosi tra i principali investitori esteri del maggiore istituto italiano dietro Blackrock (4,9%) e Norges Bank (2,09%). Ai valori di Borsa si trattava di un investimento di circa un miliardo.
Con una dinamica in atto fin dal 2010, i capitali cinesi si sono riversati in tutto il Vecchio Continente: cinque anni fa il totale degli investimenti diretti ammontava a soli 6 miliardi di euro, meno degli investimenti di nazioni come l’Islanda o la Nigeria. Ma alla fine del 2012 gli investimenti cinesi nell’Ue si erano già più che quadruplicati, e da allora crescono in progressione aritmetica. L’anno scorso la Cina si è focalizzata sulle società italiane, su cui gli investimenti cinesi non sono lontani dal valore di 10 miliardi, a fare dell’Italia il terzo paese europeo per dimensione di investimenti dopo la Gran Bretagna, che ne ha circa il doppio, e tallonando da vicino la Francia.
Il settore più frequentato è quello dell’energia e delle infrastrutture, dove i cinesi hanno piazzato fiches del valore di circa il 2% su Enel, Eni, la holding Cdp Reti (che controlla Terna e Snam, e di cui State Grid International detiene un cospicuo 35% pagato 2,1 miliardi). Poi è venuta Ansaldo Energia, leader nelle costruzione di centrali elettriche di cui Shanghai Electric ha raccolto un 40% in cambio di 400 milioni di euro: mentre l’interesse di Insigma per Ansaldo Breda e di Ansaldo Sts è stato sopravanzato dall’offerta giapponese fatta da Hitachi a Finmeccanica. Nelle telecomunicazioni, Bank of China ha investito un 2% in Telecom Italia, Prysmian, Fiat Chrysler. Nei salotti della finanza, prima della Ca’ de Sass, un 2% in Generali e poi in Mediobanca. Ma la singola maggiore operazione nel Belpaese è in fieri, e riguarda l’acquisizione del controllo di Pirelli da parte del colosso Chem China, con un esborso totale da 7 miliardi di euro.