Si ferma la crescita della povertà assoluta nel nostro Paese, a seguito di ventiquattro mesi di peggioramento delle sue dinamiche.
Durante il 2014, un milione e quattrocento settanta mila famiglie (il 5,7% delle famiglie residenti) risultano in condizione di povertà assoluta, per un totale di 4 milioni e 102 mila individui (6,8% dell’intera popolazione). Tra le persone coinvolte, 1 milione 866 mila vivono nel Sud Italia dove l’incidenza è del 9%, 2 milioni 44 mila sono donne (6,6%), 1 milione 45 mila sono minori (10%), 857 mila hanno un’età compresa tra 18 e 34 anni (8,1%) e 590 mila sono anziani (4,5%).
Sostengono gli esperti:
Dopo due anni di espansione, tuttavia, nel 2014 l’incidenza di povertà assoluta è rimasta stabile; se infatti si tiene conto dell’errore campionario (3,8%), tale incidenza è compresa tra il 5,3% e il 6,1%, con una probabilità del 95%. Come quella assoluta, la povertà relativa risulta stabile e coinvolge, nel 2014, il 10,3% delle famiglie e il 12,9% delle persone residenti, per un totale di 2 milioni 654 mila famiglie e 7 milioni 815 mila persone. Per soglia di povertà assoluta, l’Istat intende quel livello di spesa minima necessaria per acquistare beni e servizi essenziali per uno standard di vita minimo, ponderata per il numero di componenti e la tipologia di famiglia. La soglia di povertà relativa, invece, in una famiglia di due componenti è pari alla spesa media per persona del Paese: nel 2014 è risultata di 1.041,91 euro mensili.
E’ ferma al 19,1% anche l’intensità della povertà che, in termini percentuali, indica quanto la spesa mensile delle famiglie povere è mediamente al di sotto della linea di povertà, ovvero “quanto poveri sono i poveri”.
Segnali di miglioramento arrivano poi dalle famiglie con persona di riferimento di età tra i 45 e i 54 anni (dal 7,4% al 6%), tra le coppie con due figli (dall’8,6% al 5,9%, che si lega a quello delle famiglie di 4 componenti, dall’8,6% al 6,7%) e tra le famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione (dal 23,7% al 16,2%) che, rispetto al 2013, più spesso vivono in famiglie con al proprio interno occupati o ritirati dal lavoro.