Ad aiutare il Sud dovranno essere i fondi Europei. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi si dedica all’emergenza Mezzogiorno. Come? Utilizzando le risorse bloccate, quasi 100 miliardi tra vecchi e nuovi programmi, e creando una macchina nazionale e locale che voglia e sappia spenderle bene.
Questa è davvero l’ultima chance per un territorio considerato in agonia. Sempre che tutti facciano i compiti. Ecco perché se da un lato il governo crede di svincolare dal patto di stabilità i cofinanziamenti ai fondi europei – un’operazione davvero importante che per il Sud vale 4 miliardi l’anno per il periodo 2014-2020, dunque 28 miliardi nei sette anni – dall’altro si inoltra un meccanismo premiale, tipo bonus-malus. Più soldi a chi li spende. Meno o nulla a chi si ferma. Basterà per uscire dal pantano?
Probabilmente no, senza rafforzare la cabina di regia. Il passaggio del testimone tra Graziano Delrio e Claudio De Vincenti nel ruolo di sottosegretario di Palazzo Chigi non è stato accompagnato dalla contestuale assegnazione della delega ai fondi Ue, sin qui rimasta nelle mani di Renzi. Eppure mai come ora bisognosa di una struttura ad hoc, magari sotto il controllo della presidenza del Consiglio, con meno probabilità nella forma di un altro ministero per il Sud, esperimento datato e fallimentare. Anche su questo punto, Renzi dovrà fare chiarezza in tempi brevi. Il dossier visionato dal premier racconta di un bacino di quasi 100 miliardi da drenare nelle Regioni del Sud: 9-10 miliardi di vecchi fondi europei da rendicontare entro il 31 dicembre, altrimenti persi, 50 miliardi di nuovi fondi Ue della programmazione 2014-2020 e altri 54 miliardi del Fondo sviluppo e coesione (Fsc) da utilizzare sempre entro il 2020, di cui 43 destinati al Meridione (l’80%). Quasi 100 miliardi in tutto, appunto. Da spendere come e quando?