I presupposti per un rialzo dei tassi non sono ancora stati raggiunti ma ci siamo quasi. Lo si evince dai verbali del Federal open market committee, il braccio monetario della Fed, inerenti alla riunione del 28 e 29 luglio scorso.
Il documento è stato pubblicato con un quarto d’ora di anticipo in confronto all’orario in cui era atteso (le 14 ora di New york, le 20 in italia). Da mesi si attende una decisione della Fed su un possibile rialzo dei tassi, cosa che non avviene dal dicembre del 2008, da quando la Banca centrale americana mantiene il costo del denaro vicino allo zero. La preoccupazione maggiore ora è la Cina. Un rallentamento materiale dell’economia cinese potrebbe porre rischi all’economia americana, mentre i rischi legati alla Grecia sono diminuiti. “La possibilità di ricadute negative da una più lenta crescita della Cina solleva delle preoccupazioni”, sostiene la Fed.
I governatori della banca centrale americana “in generale sono d’accordo” che servono addizionali informazioni macroeconomiche prima di optare per quella che sarebbe la stretta monetaria. In molti credono che il mercato del lavoro abbia raggiunto o sia vicino alla piena occupazione, uno dei due obiettivi del mandato della Fed (l’altro è la stabilità dei prezzi) e che le pressioni al ribasso sull’inflazione date dal calo dei prezzi energetici verranno meno. Due governatori, invece, si aspettano che proprio l’andamento dell’inflazione e i rischi alla stabilità finanziaria possano portare a un posticipo di un aumento dei tassi, fermi dal dicembre 2008 al minimi storico pari allo 0-0,25%. “Molti” dei governatori stessi hanno citato rischi al ribasso derivanti dagli sviluppi economici e finanziari provenienti dall’estero.