Durante il mese scorso, l’industria degli orologi svizzeri ha lasciato sul terreno ben 1,9 miliardi di franchi in termini di esportazioni.
Stiamo parlando di un crollo del 9,3% in confronto allo stesso periodo del 2014 e di uno dei colpi più gravosi di sempre per il comparto del lusso elvetico. Era dalla crisi del 2009 che non si archiviava una disfatta di questo tipo, e la causa a detta della stessa Fhs (federazione dell’industria dell’orologeria svizzera), è sempre la stessa, ovvero il crollo dei mercati asiatici.
Se è vero che dal 2012 il Far Est sta registrando un progressivo calo delle vendite, legato anche al cambio della legislazione locale, è anche vero che un crollo di queste proporzioni, dopo ben tre anni di declino, è superiore alle attese del mercato. A Hong Kong, primo mercato di sbocco per gli orologi svizzeri, le esportazioni hanno registrato un -28,7% mentre in Cina il declino è stato del 39,6%.
Nell’insieme l’Asia ha visto un calo del fatturato del 21,4%. Al contrario sono risultate in crescita del 4,7% le esportazione verso gli Stati Uniti, che da un paio d’anni tornano a essere il primo mercato di sbocco dei beni di lusso. Tiene bene anche l’Europa, che però beneficia dello shopping dei turisti asiatici che comprando nel Vecchio continente risparmiano su tasse dazi. Non a caso il balzo maggiore delle vendite è concentrato sulla Francia (+53,4%), una delle maggiori mete turistiche, mentre per l’Italia la flessione è dell’11,6%. La notizia si è
fatta subito sentire sulle quotazioni di Swatch, che controlla marchi come Omega e Hamilton, e della Financiere Richemont (Cartier e Iwc), i due colossi elvetici dell’orologeria stanno entrambi perdendo circa l’un per cento del loro valore.