Cronaca di un flop annunciato. Il Tfr in busta paga non convince i lavoratori. Basti pensare che durante i primi cinque mesi dall’introduzione della norma solo lo 0,83% ha fatto domanda per averlo. Volano, di contro, nei primi 8 mesi dell’anno in corso le richieste di anticipazione del Tfr già maturato (+27%).
Su un campione pari a quasi un milione di dipendenti – sottolineano i Consulenti – ad agosto, passati dunque cinque mesi dall’entrata in vigore della norma (3 aprile), la scelta di liquidare il Tfr maturando in busta paga è stata effettuata solo da 8.420 lavoratori, ovvero dallo 0,83%. La grande maggioranza dei lavoratori che non hanno effettuato questa scelta considera che la tassazione ordinaria sia troppo penalizzante (il 62%).
In direzione opposta procede l’andamento delle anticipazioni, ovvero la possibilità di chiedere al datore di lavoro, in presenza di almeno 8 anni di anzianità, fino al 70% del Tfr maturato per l’acquisto, la ristrutturazione della casa o per spese sanitarie. Durante i primi otto mesi del 2015 – segnalano i consulenti – il numero delle richieste di anticipazione è cresciuto del 26,6% passando da 202.140 a 256.044 (comprensivo delle quote chieste in anticipo ai fondi pensione).
L’anticipazione viene erogata a tassazione separata, quindi più favorevole per il lavoratore. Il motivo di disinteresse dei lavoratori cresciuto rispetto alla rilevazione precedente dal 38% al 62% è legato sostanzialmente al regime fiscale penalizzante stabilito dalla legge. Diminuiscono invece gli incerti (dal 42% al 25%). E i timori per un peggioramento del regime fiscale delle anticipazioni insieme al basso livello dei tassi di interesse che rendono più convenienti i mutui per l’acquisto di una casa dovrebbero essere alla base di un aumento significativo delle richieste di anticipazione del Tfr accantonato in azienda o nei fondi pensione. Tale strumento – spiegano i Consulenti – consente da un lato di monetizzare comunque parte del Tfr, e dall’altro di conservare il regime fiscale più favorevole.