In Italia il costo del lavoro si mantiene su ritmi così alti da minare la capacità di ripresa dell’industria. A pagare il rallentamento, tuttavia, sono soprattutto i salari, mentre la produttività segna timidi segnali di ripresa.
Facciamo un parallelo con l’estero. Secondo le statistiche Ocse, in Germania il costo unitario del lavoro è salito dello 0,5% dopo +0,4% nel primo trimestre, con un aumento dei costi salariali dello 0,8% (dopo +0,7%) e un incremento della produttività dello 0,3%, come nel primo trimestre. In Francia il è salito dello 0,4% (dopo -0,2%), con costi salariali a +0,3% (dopo +0,4%) e produttività -0,1% dopo +0,6%
A mettere a nudo nuovamente una delle principali debolezze della struttura economica italiana è l’Osce, secondo la quale in italia “la crescita della produttività resta debole e nonostante il rallentamento della crescita del costo unitario del lavoro dall’inizio della crisi, la crescita complessiva di tale indicatore resta tra le più alte dell’area euro”.
L’Organizzazione parigina ha comunicato i dati trimestrali sul costo del lavoro. Nei 34 Paesi aderenti all’organizzazione, il costo unitario del lavoro in media è salito dello 0,1% nel secondo trimestre, come nei primi tre mesi dell’anno. L’andamento riflette un aumento dei costi di retribuzione dello 0,5% (contro +0,1% nel primo trimestre), in parte compensato da un incremento dello 0,4% della produttività (Pil per persona occupata) che aveva avuto una dinamica piatta nei tre mesi precedenti.
L’Italia si segnala, per altro, con un calo del costo unitario del lavoro dello 0,7% (dopo +0,5% nei primi tre mesi), che deriva da un calo dei costi salariali per occupato pari a -0,6% (dopo +0,8%) e da un aumento della produttività pari a +0,1% (dopo +0,3%). Nella zona euro, il costo del lavoro è salito dello 0,1%, in rallentamento rispetto a +0,2% nel primo trimestre, per effetto di un aumento dei costi salariali di +0,1% (dopo +0,5%), mentre la produttività è stata piatta (dopo +0,3%).