Un terzo delle badanti, colf e baby sitter italiane rischia di restare senza sussidio in caso di disoccupazione. Parliamo di 300 mila lavoratori domestici su quasi 900 mila totali ufficiali, beffati da una circolare dell’Inps di fine luglio e destinati, quando perderanno il posto, a zero Naspi.
Una bufera che si abbatte su un settore delicatissimo per il welfare italiano, provato più di altri dalla capacità di spesa delle famiglie, fiaccata dalla crisi. E che ora chiede al governo, alla vigilia della legge di Stabilità, aiuti concreti. A cominciare dalla deducibilità dei contributi versati per questi collaboratori. E l’estensione al comparto del bonus per le assunzioni, come incentivo all’emersione di almeno la metà dei 500 mila lavoratori in nero, stima il Censis. Il nuovo pasticcio della Naspi – dopo quello solo parzialmente risolto degli stagionali – di sicuro complica ancor di più il quadro.
La circolare Inps incriminata è la 142 del 29 luglio scorso (al punto 5.1), esplicativa di uno dei principali decreti del Jobs Act, quello che ha introdotto dal primo maggio il nuovo ammortizzatore sociale, la Naspi. I criteri per incassare la Naspi sono due e validi per tutti: aver lavorato 13 settimane negli ultimi quattro anni e 30 giorni nell’ultimo anno. Ebbene, per i soli lavoratori domestici, l’Inps traduce questi 30 giorni in 5 settimane, ciascuna di 24 ore lavorate. E lo fa tassativamente. In altri termini, la badante che ha lavorato ben più di 5 settimane, magari anni o decenni, e che prima del Jobs Act avrebbe preso sicuramente il sussidio di disoccupazione, per il solo fatto di stare sotto le 24 ore settimanali ora non avrà nulla di nulla. Zero Naspi. Come lei, altri 300 mila colleghi che sono impiegati (dati Inps) nelle case degli italiani fino a 24 ore alla settimana. Il caso non è ancora deflagrato. Ma i patronati dei sindacati cominciano ad essere sollecitati da esterrefatti lavoratori.