Quando mancano ormai due settimane all’approvazione della Legge di Stabilità, che nelle intenzioni del governo sancirà la fine delle tasse sulla prima casa, l’Ue torna a chiedere all’Italia di rinunciare a questa scelta e puntare sulla riduzione delle tasse sul lavoro.
Queste proposte, di fatto, hanno irritato il presidente del Consiglio Matteo Renzi, che ha risposto per le rime.
Il rapporto che analizza le riforme fiscali dei vari Paesi, a firma della Commissione europea, sottolinea che il sistema fiscale negli Stati membri “tende a basarsi fortemente sulla tassazione del lavoro che può deprimere sia l’offerta che la domanda di lavoro”. Pertanto è giustificato, secondo l’esecutivo europeo, concentrare l’attenzione “sui modi appropriati per spostare il carico fiscale dal lavoro e ad altri tipi di tassazione che sono meno dannose alla crescita e all’occupazione come i consumi, la proprietà e le tasse ambientali”. Molti stati, tra cui l’Italia, indica la Commissione, “appaiono avere sia una necessità potenziale di ridurre il carico relativamente alto della tassazione sul lavoro sia lo spazio potenziale per aumentare le imposte meno discorsive”. Gli altri stati sono Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Lettonia, Ungheria, Austria, Portogallo, Romania, in minore misura Germania, Estonia, Croazia, Lituania, Olanda, Finlandia e Svezia.
Rilievi ai quali replica a muso duro il premier: “Quali tasse ridurre lo decidiamo noi, non un euroburocrate a Bruxelles”, tuona aggiungendo che “compito dell’Ue non è mettere bocca su quali scelte fiscali fa uno stato” e “non deve decidere al posto dei singoli governi”. E ancora, da New York: “Confermo l’eliminazione nella legge di Stabilità della tassa sulla prima casa per tutti e per sempre”.
Nel rapporto, gli economisti Ue indicano che in Italia come in Belgio, Bulgaria, Estonia, Francia, Croazia, Malta e Regno Unito, sono già state ridotte le tasse sul lavoro con misure mirate a particolari gruppi di lavoratori, inclusi quelli a basso reddito e ai lavoratori con figli.