Prima la carne, poi il caffè. Tuttavia, gli allarmi veri e presunti a tavola sono costati al made in italy circa 12 miliardi di euro negli ultimi 15 anni soprattutto per effetto del taglio degli acquisti provocato da psicosi ingiustificate.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti nel sottolineare che, ad oggi, secondo l’indagine on line, solo l’11 per cento ha contenuto il proprio consumo di carne e insaccati dopo le notizie diffuse con la pubblicazione del rapporto Oms, mentre è ancora presto per valutare gli effetti dell’annuncio degli studi sul caffè.
“Si tratta di un segnale importante che dimostra il buon lavoro di informazione che è stato fatto a partire dalle istituzioni, ma è anche il frutto delle precisazioni della stessa Oms che ha chiarito che nessun alimento deve essere eliminato dalla dieta”, ha affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, nel sottolineare che occorre ora intervenire con misure strutturali a partire dall’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della carne anche nei trasformati come i salumi.
Sotto accusa infatti – sottolinea la Coldiretti – è il ritardo dell’Unione europea nell’adottare misure di trasparenza dell’informazione al consumatore, come l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza delle materie prime utilizzate che l’esperienza ha dimostrato essere un efficace strumento di garanzia. L’inizio del secolo – riferisce la Coldiretti – è stato segnato dall’emergenza mucca pazza del 2001 che è quella che ha pesato di più sulla filiera alimentare, seguita dal 2003 dall’allarme aviaria che si è riproposta anche nel 2005. Sono state stimate dalla Coldiretti pari a 2 miliardi le perdite subite dal sistema della produzione, trasformazione e commercio della carne subite solo a seguito dell’emergenza mucca pazza nel 2001 principalmente per il crollo dei consumi che si sono quasi dimezzati nel momento più acuto della crisi per poi riprendersi molto lentamente nonostante le misure di prevenzione adottate.