Dall’Olanda alle Bermuda per diminuire l’impatto del Fisco che consente a Google – oggi Alphabet – di pagare il 6% sui profitti all’esterno degli Stati Uniti, un quarto circa dell’imposta media nei mercati sui quali opera.
Una vera e propria fuga per pagare meno tasse. Durante il 2014 il gigante internet americano ha trasferito 10,7 miliardi di euro dall’Europa alle isole dell’Atlatico eludendo in questo modo gran parte della sua imposta sul profitto all’estero.
Dai conti di Google Netherlands Holdings, azienda senza alcun dipendente, si evince che la divisione ha trasferito quasi tutti i ricavi, principalmente royalties dalla filiale irlandese, derivati dall’attività di Mountain View fuori dagli Usa. La strategia fiscale è nota come ‘double Irish, Dutch Sandwich’ e permette a Google, controllata dalla holding Alphabet, di evitare di innescare le imposte Usa sull’utile o le ritenute europee, dove si realizzano la maggior parte dei ricavi del gruppo all’estero. Il meccanismo del ‘panino olandese’ permette così ad Alphabet di godere di un’aliquota fiscale di appena il 6% sui guadagni realizzati fuori dagli Stati Uniti, mentre le Bermuda non hanno alcuna imposta sull’utile aziendale.
“Seguiamo le regole fiscali di tutti i paesi nei quali operiamo” dice un portavoce di Google, ma nel frattempo l’elusione fiscale è salita in cima all’agenda politica europea mettendo il gigante di Mountain View nel mirino degli addetti ai lavoro. Il Parlamento inglese sta infatti chiedendo conto alla società dell’intesa fiscale che ha permesso a Google di pagare 200 milioni di sterline di tasse tra il 2005 e il 2015 a fronte di ricavi per 24 miliardi di sterline.