Quest’estate ospiterà i Giochi Olimpici, un business che darà ossigeno alle casse dello Stato. Ma, al momento, il Brasile sta attraversando uno dei più brutti periodi della sua storia punto di vista economico, e continua ad affondare nella crisi. Una crisi che non sembra avere mai fine.
L’economia del paese latinoamericano nel 2015 ha fatto registrare una forte contrazione pari al 3,8%, la maggiore dal 1990, quando il Pil crollò del 4,3%. A comunicarlo è stato il governo di Brasilia, sottolineando come a guidare la flessione siano in particolar modo due comparti-chiave: il settore industriale (-6,4% dell’output) e quello minerario (-6,6%). Dati di fatto dei quali hanno già preso atto le maggiori agenzie di rating, che negli ultimi tempi hanno tagliato il giudizio sull’economia sudamericana.
Alle prese con un’inflazione al 10,7%, l’economia brasiliana ha subito in maniera molto dura il tonfo dei prezzi delle materie prime e il rallentamento della domanda cinese, così come dell’instabilità valutaria e dalla fuga di capitali che nel corso degli ultimi due anni hanno investito larga parte delle economie emergenti. A tali fattori va inoltre aggiunta l’emergenza corruzione, culminata nello scandalo Petrobras, che ha minato fortemente la credibilità del governo di Dilma Rousseff nonchè la fiducia di cittadini e investitori nelle istituzioni del gigante sudamericano.
Numeri alla mano, durante il quarto trimestre dell’anno scorso il Prodotto brasiliano è sceso dell’1,4% rispetto al trimestre precedente e del 5,9% su anno. Il quadro non sembra neanche destinato a migliorare granché, visto che per quest’anno il Fondo monetario internazionale prevede un ulteriore meno 3,5 per cento del Pil.