Durante il 2015 l’occupazione è cresciuta in media annua di 186.000 unità (+0,8%) portando il tasso di occupazione al 56,3% (+0,6 punti). Una crescita che, secondo l’Istituto di statistica, è stata trascinata dall’occupazione alle dipendenze (+207.000).
Di contro, sempre nella media del 2015, il tasso di disoccupazione è calato attestandosi all’11,9% dal 12,7% della media del 2014: il tasso dei senza lavoro è diminuito per la prima volta dopo sette anni. In questo caso, secondo gli statistici, la stima dei disoccupati si riduce “in maniera significativa” (-203.000 unità, -6,3%), soprattutto nella seconda metà dell’anno. Se si guarda si soli giovani tra 15 e 24 anni, il tasso di disoccupazione 2015 è sceso al 40,3% (-2,4 punti percentuali), registrando la prima diminuzione annua dal 2007. Per la fascia tra i 25 e i 34 anni il tasso di senza lavoro è risultato invece al 17,8% (-0,8 punti sul 2014).
Nella sua analisi, l’Istat evidenzia che la timida ripresa dell’economia si accompagna a un miglioramento del quadro del lavoro. Ma non è così in tutti i settori: “Un tratto caratteristico di questa fase congiunturale è la divaricazione tra l’andamento positivo dell’occupazione dipendente e la debolezza persistente di quella indipendente”, annotano gli studiosi. All’interno dei dipendenti, “cresce in misura significativa l’occupazione a tempo indeterminato, in un contesto di progressiva estensione della ripresa della domanda di lavoro anche da parte dell’industria dopo la forte ripresa già registrata nel settore dei servizi”.
L’Istat giustifica il miglioramento medio dell’anno scorso con questi fattori: Mezzogiorno, uomini e persistere delle permanenze nell’occupazione degli ultracinquantenni, ovvero ritardo dei pensionamenti. Se, come visto, i lavoratori alle dipendenze salgono di 207mila unità (soprattutto con la spinta degli ‘anziani’), per il quinto anno gli autonomi calano (-22mila). Risalgono i lavori a tempo pieno, mentre tra i risvolti negativi si vede la continua correlazione tra lavoro parziale e donne e ancora la crescita – seppur in rallentamento – del part time involontario (+2,2%). Nel complesso, aumenta il gap di genere tra uomini e donne.