Arrivano i dettagli della fusione tra Banco Popolare e Bpm. L’aumento di capitale sarà rateizzato sino al 2019 e prevede un miliardo di utile.
Il comunicato delle due banche parla chiaro: le aspettative sono per sinergie pari a 460 milioni di euro. Nello specifico, quelle riguardanti il costo sul personale si aggirano a quasi 140 milioni in virtù della diminuzione degli impiegati che si verificherà instaurando fondi di solidarietà per 1.800 esuberi. Le sinergie generali attese sono pari a 460 milioni di euro.
Ingente anche il risparmio sui costi operativi, che avverrà razionalizzando le spese duplicate e incrementando il potere contrattuale e riducendo le filiali.
Milano e Verona, dunque, sono pronte al matrimonio. All’effettivo, la fusione costerà circa mezzo miliardo di euro. Dal piano industriale approvato dai due consigli d’amministrazione si evince che “i costi di integrazione, pari a circa 480 milioni (circa 150% delle sinergie di costo), si prevede che siano pienamente sostenuti entro il 2018”. A marzo erano stati indicati 435 milioni.
Il nuovo gruppo disporrà sin da subito di una posizione di capitale solida, con un coefficiente Cet 1 ratio fully phased pari al 12,3% nel 2015, che aumenterà fino al 12,9% nel 2019 e con un obiettivo di dividendo payout pari al 40%. La generazione di capitale organica compenserà dunque le ipotesi conservative sull’evoluzione dei requisiti patrimoniali in termini di rischio di mercato e rischio operativo; la posizione di capitale del nuovo gruppo godrà oltretutto dell’estensione dei modelli di rischio di credito Airb all’intero perimetro del nuovo gruppo.
Dalla fusione verrà fuori il terzo gruppo bancario più grande d’Italia. Esso servirà un network di 4 milioni di clienti mediante un’ampia area distributiva estesa e complementare ed un modello distributivo multicanale, e beneficerà di una posizione di leadership nel Nord Italia ed in particolare in regioni produttive quali Lombardia, Veneto e Piemonte.