Nel mirino degli inquirenti ci sono ben cinque gruppi: Banca Etruria, CariChieti, CariFerrara, Banca Marche e (soprattutto) Banca Popolare Vicenza. L’accusa: rifilare ai clienti titoli rischiosi.
Ad aprire un dossier è stata, a seguito di un’ispezione approfondita, la Banca centrale europea. Un’ispezione durata dal febbraio al luglio dello scorso anno. Sotto l’occhio del ciclone ci sono gli ex vertici dell’istituto veneto, rei di aver trasformato in maniera imprudente una serie di clienti in ‘trader dell’ultim’ora’. Con un risultato dolente: i profili di ben 58.000 azionisti, tra vecchi e nuovi, non sono coerenti con le normative Mifid, la direttiva europea (Market in Financial Instruments directive) che, tra le altre cose, impone di classificare i clienti in modo adeguato per fornire loro servizi finanziari appropriati.
L’ex presidente Gianni Zonin e l’ex amministratore delegato Samuele Sorato, oggi indagati per aggiotaggio e ostacolo alle autorità di vigilanza, hanno portato con due aumenti di capitale i soci a 108mila con una crescita del 57% in soli due anni.
Una seconda città nella città, cresciuta sull’inganno e con l’unico scopo di rafforzare lo zoppicante patrimonio della banca. Pesanti le accuse della Bce:
Gli aumenti di capitale del 2013 e del 2014 sono stati portati a termine adottando un approccio non in linea con le normative Mifid, poiché la Bpvi non ha stilato il profilo di rischio completo dei clienti attraverso i test prescritti oppure li ha alterati a suo vantaggio.
Gli ispettori hanno affermato (a seguito di un calcolo) che sono stati almeno 29mila i nuovi sottoscrittori di titoli coinvolti. Altri 29mila azionisti, invece, a cui è stato offerto il diritto di prelazione, non sarebbero stati assistiti correttamente dalla banca, ma semplicemente informati con una lettera che avrebbero dovuto rispedire firmata in filiale. Nove su dieci dei destinatari contattati non hanno mai risposto.