Visto il periodo di crisi e la necessità che hanno avuto alcune imprese di chiudere i battenti dichiarando il fallimento, loro malgrado, i giuristi al governo e all’Erario, hanno dovuto mettere le mani sulla legge fallimentare che comunque è sempre stata un cantiere aperto.
Da settembre ad oggi sono state inserite due grandi novità: una riguarda gli aspetti cruciali della disciplina ed ha come obiettivo quello rafforzare l’impianto della riforma fatta qualche anno fa. In pratica si cerca di permettere, dove possibile, la prosecuzione dell’attività d’impresa anche dopo il fallimento, come garanzia nei riguardi dei creditori e a protezione del patrimonio aziendale.
La seconda novità riguarda gli adempimenti che i titolari d’impresa devono fare per dichiarare il fallimento. In questo caso le novità sono riassunte in una “sterzata digitale”, vale a dire che molte delle comunicazioni possono essere compiute attraverso il canale telematico.
In più si parla da settembre di modifiche che riguardano il concordato preventivo anticipato, la finanza interinale, l’indipendenza delle imprese e la responsabilità dei professionisti. L’obiettivo di tutte le misure è allentare, una volta dichiarato il fallimento, le pressioni esterne sull’impresa.
Numerosi anche i disincentivi messi in campo dal Governo per scoraggiare le imprese in crisi nell’accesso alle procedure di concordato preventivo o ai procedimenti di omologazione degli accordi di ristrutturazione.