La Corte dei Conti, seguendo quanto già fatto dalla Commissione tributaria della regione Liguria, ha stabilito con l’ordinanza n. 18030 del 24 luglio 2013 ha stabilito che la prostituzione, come ogni altro impiego che porta alla percezione di un reddito, rende chi la pratica capace di contribuire allo Stato e, quindi, i redditi che ne derivano sono tassabili.
Il primo passo verso questo importante passo in avanti è stato fatto dalla Commissione Tributaria della Regione Liguria che, dopo aver ricevuto una segnalazione circa il conto corrente di una signora di origini rumene che non era in linea rispetto a quanto la signora aveva dichiarato al fisco, ha proceduto ai controlli e ha scoperto che le somme depositate in banca derivavano dall’attività di prostituzione in Italia.
La Commissione ha stabilito quindi che qualsiasi attività che sia una fonte di guadagno, che sia occasionale o anche illegale, deve essere sottoposta a regime di contribuzione.
Sulla questione è poi intervenuta la Cassazione che, con l’ordinanza n. 18030, ha deciso che anche la prostituzione, in quanto attività che produce reddito e quindi rende il soggetto capace di contribuire, deve essere soggetta a tassazione:
Il reddito derivante dall’esercizio della prostituzione in base al generale principio della tassabilità dei redditi per il fatto stesso della loro sussistenza, è soggetto ad imposizione diretta.