E’ anche una questione di spending review ma è soprattutto un’esigenza che nasce dalla particolare condizione di crisi che attraversa il nostro paese. Ci deve essere più equità negli stipendi, non è possibile che ci siano manager, la cui competenza è sfruttata dalle pubbliche amministrazioni e che guadagnano fior fiore di milioni di euro.
Tempo fa era stato inserito il passaggio in una legge per mettere un tetto massimo agli stipendi, poi l’idea era passata in cavalleria e il proposito abbandonato. Adesso, invece, il freno ci sarà e riguarderà sia le aziende possedute dallo stato sia le società quotate.
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Si prevede e quindi si parla di una riduzione del 25 per cento degli stipendi ma entriamo nel dettaglio della normativa. Il tetto agli stipendi dei manager riguarderà anche aziende come Eni ed Enel. Per ora, nella nostra legislazione, tramite una deroga, era stato eliminato il tetto di 302,93 mila euro agli stipendi dei manager pubblici di società come Poste, Ferrovie, Invitalia e Anas.
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L’argomento però è stato rilanciato e dovrebbe essere quindi inserito un taglio del 25 per cento alle remunerazioni sia per i manager delle aziende pubbliche, sia per i manager delle aziende quotate, sia per i manager delle aziende non quotate che comunque emettono dei titoli.
In serata è stato smentito il buon proposito.