Vi sarà capitato di chiedere “un prestito” al vostro partner per sostenere delle spese che non potevano assolutamente essere gestite tramite il vostro conto. In questo caso il prestito è sottoposto ad un’indagine o meglio ad un’imposta. Vediamo i chiarimenti forniti dall’amministrazione finanziaria in merito.
Il caso pratico è quello dell’accertamento sintetico, quello in cui la cosiddetta pretesa tributaria è assolutamente legittima perché è stata dimostrata la poca coerenza tra il reddito dichiarato dal contribuente e il prestito elargito al coniuge al fine di completare l’acquisto di un immobile.
► Più di 100 spese per il redditest
Il contribuente, che esiste nella realtà ed ha dato origine al pronunciamento della Cassazione, aveva ricevuto un accertamento sintetico dall’Agenzia delle Entrate. L’accertamento sintetico, previsto dall’articolo 38 del Dpr 600/1973.
► Il fisco accerchia gli evasori
L’atto impositivo ha come obiettivo quello di identificare la capacità contributiva in virtù di indici desunti dalla disponibilità economica che aveva consentito alla moglie del contribuente di rendersi acquirente di un immobile che era risultato intestato a quest’ultima.
Il contribuente aveva prestato troppi soldi al coniuge senza aver dichiarato al fisco di avere tale disponibilità. L’amministrazione tributaria, verificata la sussistenza di un capitale presumibilmente evaso, può chiederne la restituzione o comunque il pagamento delle imposte. Anche la Cassazione ha rigettato il ricorso del contribuente.