Dopo diverse polemiche nate in Parlamento soprattutto tra governo e Movimento 5 Stelle legate ai cosiddetti “affitti d’oro”, la norma, non prevista nella Legge di Stabilità, è entrata nel Decreto Milleproroghe. C’è però chi parla di beffa o di “toppa” che non risolve la situazione.
La legge approvata al Senato in prima lettura a dicembre attraverso un emendamento proposto da Riccardo Fraccaro del M5S stabiliva che le pubbliche amministrazioni potevano esercitare il diritto di recesso dagli affitti entro il 31 dicembre 2014 e con un preavviso di 30 giorni. Un emendamento che andava a toccare interessi forti. Dopo sei giorni è stato presentato un emendamento abrogativo dalla senatrice del Pd Magda Zanoni. Renzi ha poi proposto di inserire la norma nel Decreto Salva Roma. Nella Legge di Stabilità era però stata inserita una norma che permetteva l’esenzione dal diritto di recesso per gli immobili affittati dalle pubbliche amministrazioni dai fondi immobiliari e dai soggetti che hanno investito in quei fondi.
Una storia breve a livello temporale ma complessa quindi. In effetti, segue la non promulgazione da parte del Quirinale del Decreto Salva Roma e la promessa del governo di inserire la questione degli “affitti d’oro” nella prima legge utile. E si arriva così al Decreto Milleproroghe.
L’articolo 2 del Decreto contiene la norma, ma con alcune condizioni. Non c’è più la deroga alla clausola di recesso per gli immobili dei fondi immobiliari e dei loro azionisti, ma rimane non necessario il nulla osta del Demanio nel caso di rinnovo dei contratti. La norma prevede che lo Stato può esercitare il diritto di recesso non entro il 31 dicembre 2014, ma entro il 30 giugno. I tempi passano quindi da un anno a sei mesi. Inoltre, il preavviso passa da trenta giorni a sei mesi. Il fatto che i tempi coincidono ha portato il senatore del M5S ad affermare che così si fanno saltare i tempi tecnici per il recesso.