Dopo la Francia, che ha fatto entrare in vigore la Tobin Tax sulle transazioni finanziarie ad alta frequenza (HFT, High Frequency Trading) già nel 2012, anche per l’Italia entra in vigore la nuova imposizione. Una decisione mal vista dagli esperti del settore che paventano un sostanzioso calo dei volumi di scambio.
► Scadenza e aliquote della Tobin Tax
La Tobin Tax sulle transazioni ad alta frequenza si applica a tutte le transazioni finanziarie eseguite nell’arco di 0.5 secondi o più rapidamente in borsa e sui derivati, con un’aliquota dello 0,2% sul valore di ognuna. L’obiettivo, come anche per la prima parte della Tobin Tax, è quello di evitare le speculazioni finanziarie, ossia delle transazioni poco trasparenti che possono portare a delle distorsioni del mercato a discapito dei piccoli investitori.
Ma con questa mossa i diversi stati mirano anche ad un obiettivo più alto, ossia una tassazione pan-europea, ossia una tassa applicata allo stesso modo in tutti i mercati europei, in modo che anche il mondo della finanza contribuisca al Fisco. Al momento ad applicare la Tobin Tax anche sulle transazioni ad alta frequenza sono la Francia, l’Italia, la Germania, la Grecia e la Spagna, ma presto a questa lista potrebbero aggiungersi anche Belgio, Estonia, Austria, Portogallo, Slovenia e Slovacchia.
► Chi deve pagare la Tobin Tax?
Capire, adesso, quali saranno gli effetti a lungo termine di questa nuova imposizione non è semplice, ma stando ai dati già in possesso degli operatori gli scenari che si presentano sono a dir poco catastrofici: dopo l’introduzione, a marzo 2013, della Tobin Tax, il FTSE MIB, l’indice di riferimento per il mercato italiano, è sceso del 30% rispetto alla media di 90 giorni.