C’è un comparto italiano, quello dell’artigianato d’eccellenza, che può costituire un vero e proprio fiore all’occhiello per la nostra economia.
Il condizionale è d’obbligo, tuttavia. Sarebbe così, infatti, se fossero apportati alcuni interventi a livello sistemico tali da potenziare l’impatto del settore che merita tassi di crescita positivi. Se ne parla nella ricerca “Costruttori di valore” di Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte e CDR Claudio Demattè Research della SDA Bocconi, sostenuta da Vacheron Constantin. Lo studio è stato condotto intervistando direttamente i protagonisti-artigiani; parla di uno shock positivo che
potrebbe, in un arco temporale di pochi anni, produrre 160.000 nuovi posti di lavoro e garantire un contributo incrementale al PIL dell’1% annuo: un dato quanto mai significativo e che certifica l’importanza del settore artigiano per ridare competitività al Sistema Italia.
Lo studio è alla base del volume “Costruttori di Valore. Il ruolo strategico del saper fare italiano”, curato da Maurizio Dallocchio con Alessandra Ricci e Matteo Vizzaccaro del CDR Claudio Demattè Research della SDA Bocconi e pubblicato da Marsilio per la collana Ricerche.
Si tratta di un’ottima panoramica sugli artigiani che sanno creare prodotti unici, indiscutibilmente superiori per bellezza, originalità dei processi produttivi e perfezione di fattura. Si tratta di un campione di seicento piccole imprese-atelier attive in settori di nicchia (oreficeria, liuteria, sartoria, calzatura, falegnameria, ebanisteria…), ma che muovono l’economia dei territori in cui sono radicate presentando numeri di tutto rispetto.
In confronto al resto dell’industria, la recente crisi ha evidenziato la loro resilienza:
Pur risentendo del calo dei ricavi dovuto alla crisi economica e della stretta alle linee di credito erogate dal sistema bancario, infatti, il 55% delle imprese artigiane d’eccellenza non ha dovuto razionalizzare la forza lavoro, anzi il 15% ha provveduto a rafforzare l’organico con nuove assunzioni. Importante la presenza sui mercati internazionali, considerando che sette su dieci sono presenti fuori dai confini italiani e in un caso su tre il fatturato estero pesa per il 60% del totale.
Se spesso si indica nella scarsa capacità di innovare il limite di questa tipologia di artigiani, la ricerca fa cadere il falso mito: nel 66% dei casi, infatti, le loro aziende hanno continuato a investire in fattori produttivi, guardando al futuro e bilanciando tradizione e innovazione.