Assistenti sociali, come sono regolati i compensi

 Con la pubblicazione del decreto n. 106/2013 sulla Gazzetta Ufficiale in data 23 settembre 2013 sono stati fissati i parametri per la determinazione delle competenze e del relativo compenso per notai, assistenti sociali ed attuari.

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Per quanto riguarda più nello specifico gli assistenti sociali – i circa 6.000/7.000 assistenti che esercitano la libera professione in Italia, su un totale di 40.000 iscritti all’albo – questo provvedimento dà finalmente una codificazione chiara e univoca delle attività previste dalla professione istituita nel 1993 e permette ai professionisti per dirimere le questioni giuridiche.

Per quanto riguarda le competenze, il decreto definisce 5 specifiche aree di intervento per la professione di assistente sociale:

Area Relazionale;
Area Gruppi e Comunità;
Area Didattico-Formativa;
Area Studio e Ricerca;
Area Progettuale-Programmatoria e di amministrazione dei servizi.

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Per quanto riguarda i compensi previsti per chi esercita la libera professione di assistente sociale, il decreto ha definito i livelli del costo delle prestazioni in base all’importo medio di riferimento dell’intervento (quantificazione monetaria della prestazione professionale), che può però variare (sia aumentando che diminuendo) in base a:

– importanza delle questioni trattate, tenuto conto degli interessi sostanziali sui quali incide la prestazione professionale;
– rilevanza patrimoniale dei progetti o dei programmi indicati nella tabella A;
– complessità della prestazione tenuto conto dell’impegno profuso anche in termini di tempo dedicato, della presenza di questioni – – – – tecniche di particolare difficoltà o tenuità, della necessità di operare in situazioni ambientali disagiate;
– urgenza della prestazione;
– natura di ente pubblico o privato, per categorie omogenee di soggetti, del cliente.

 

Iscritti all’Avis, possibile decurtazione della pensione

 Secondo una norma prevista nella riforma Fornero, i donatori di sangue che si sono assentati dal lavoro per donare dovranno recuperare tutti i giorni di permesso accumulati per questo scopo per poter accedere a pieno titolo all’assegno pensionistico, altrimenti verrà applicata una decurtazione del 2%.

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Un provvedimento che è in aperto contrasto con quanto previsto dalla disciplina sulla donazione del sangue in Italia come da legge n. 219/05, articolo 8, comma 1, nel quale si stabilisce che i donatori di sangue e di emocomponenti che hanno un rapporto di lavoro dipendente hanno diritto ad astenersi dal lavoro per l’intera giornata in cui effettuano la donazione, che sarà normalmente retribuita e sulla quale verranno versati interramenti i contributi previdenziali.

Con la riforma voluta dal precedente governo, invece, come spiega Ferruccio Giovetti, presidente dell’Avis Cremona, tutti coloro che andranno in pensione entro il 2017 senza aver raggiunto i 62 anni di età dovranno recuperare in sede di conteggio oppure il pensionato subirà una penalizzazione del 2% sull’assegno vitalizio.

Questo vuol dire che il donatore che avesse effettuato 100 donazione nell’arco della sua carriera lavorativa dovrà recuperare tutti i 100 giorni di permesso.

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Al di là della questione etica che la legge non tiene in considerazione, a fare scalpore è anche la retroattività del provvedimento che, se fosse stato introdotto a partire da ora avrebbe permesso al donatore di regolarsi di conseguenza, ma avendo valenza anche sugli anni passati ricade anche su chi ha donato senza la consapevolezza dell’esistenza di una simile normativa.

I fattori di influenza del prezzo delle opzioni binarie

 Le opzioni binarie sono uno strumenti di investimento relativamente rischioso che permette di poter avere un ritorno economico anche nel brevissimo periodo. Il problema, però, è che la velocità di queste transazioni rende difficile capire gli andamenti del prezzo delle opzioni stesse, il che condiziona in modo determinante il rendimento dell’investimento.

Che cosa sono le opzioni – Le opzioni scoperte

Per capire le dinamiche dei prezzi delle opzioni si deve partire dall’inizio e quali sono i fattori che incidono direttamente sul prezzo delle opzioni.

Il primo fattore di influenza del prezzo delle opzioni binarie è, naturalmente, il prezzo dei sottostanti: ad esempio, le opzioni binarie che hanno come sottostante le valute, sono direttamente influenzate dalle decisioni sui tassi d’interesse decretate dalle Banche Centrali mondiali.

Le opzioni che hanno il greggio come asset di riferimento, invece, risentono della quantità di produzione giornaliera di petrolio decisa dai paesi estrattori.

Gli altri fattori che influenzano il prezzo delle opzioni binarie sono la volatilità, la scadenza, e la speculazione. Vediamoli nel dettaglio.

Che cosa sono le opzioni – Le opzioni put

Volatilità: grado in cui il prezzo delle opzioni binarie può variare, che può essere determinata da fattori di natura economica o politica.

Scadenza: più la data di scadenza del contratto di opzione si avvicina, più si registra un picco della volatilità.

Speculazione: quando gli speculatori, come i fondi d’investimento o i trader che lavorano per le grandi banche, si uniscono per decidere il destino di un determinato asset, un titolo, un cambio o un indice, le opzioni che vi fanno riferimento possono subire delle rilevanti mutazioni del prezzo, in quanto gli speculatori dispongono di liquidità sufficiente per cambiare l’andamento del mercato..

Market mover e opzioni binarie, quale relazione?

 Quando si opera con le opzioni binarie è molto importante tenere d’occhio gli appuntamenti economico-politici del periodo durante il quale possiamo esercitare l’opzione. Soprattutto per chi non è esperto del settore non è facile ricordare quanti e quali sono questi appuntamenti, anche perché sono moltissimo i fattori, anche non prettamente economici, che possono influenzare l’andamento dell’opzione sulla quale avete commesso.

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Ricordiamo infatti che le opzioni binarie sono degli strumenti di trading online che, per quanto riguarda il loro funzionamento, possono essere paragonate a delle scommesse su un evento. Ci sono opzioni binarie che scommettono sull’ascesa di un titolo o di una valuta e si chiamano opzioni up. Allo stesso modo, ci sono le opzioni che scommetto sul calo di un indice o di un’azione, che sono chiamate opzioni binarie down.

Detta così sembra essere una questione piuttosto semplice, ma le scommesse fatte da chi opera con e opzioni binarie, di qualunque tipo esse siano, subiscono delle profonde influenze da pubblicazioni, appuntamenti, eventi e molto altro che possono indirizzare l’andamento di un indice o di una valuta verso l’alto o verso il basso.

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Questi fattori sono chiamati in gergo market mover, e si distinguono per settore d’intervento e potenziale impatto che hanno su bene/indice di riferimento (che può essere debole, medio o forte). Market mover legati al PIL, ai prezzi al consumo, ai prezzi della produzione, alla produzione industriale e via dicendo, ad esempio, sono considerati market mover con un forte impatto.

 

 

In Giappone la tassa sui consumi sale all’8%

 Il premier giapponese Shinzo Abe ha scelto di rialzare la tassa sui consumi all’8% a partire da aprile 2014. Si tratta dunque di un innalzamento di tre punti rispetto al 5% odierno. Innalzamento che segue le scadenze statuite dalla legge approvata nel 2012 sul primo riequilibrio dei conti pubblici, che prevede poi l’aliquota al 10% a ottobre 2015.
Ad annunciare il provvedimento è stato lo stesso Abe nel corso di una riunione del Partito liberaldemocratico.
Il premier del Paese del Sol Levante ha dichiarato che ha deciso di aumentare l’imposta suiconsumo all’8%, dal 5%, a partire dal 1 aprile per completare una prassi di analisi di indicatori e dati economici che di fatto è terminata il 1 ottobre con la diffusione del Tankan, il rapporto trimestrale della Bank of Japan che fotografa stato dell’economia e fiducia delle grandi imprese.

Una soluzione necessaria per mantenere la sostenibilità del sistema di sicurezza sociale alle generazioni future e la fiducia nelle finanze pubbliche giapponesi su scala internazionale, dal momento che il debito pubblico schizzato ben oltre il 200% del Prodotto interno lordo, al livello più alto tra i Paesi industrializzati.

Il premier, che nel pomeriggio ha deciso di tenere una conferenza stampa, ha anche ricordato la messa a punto di un pacchetto di stimoli economici che ha lo scopo di limitare l’impatto degli effetti della manovra sull’economia, tornata verso la crescita in virtù della cosiddetta Abenomics, la ricetta promossa da Abe perportare il Paese fuori da quasi 20 anni di deflazione.

La dimensione delle misure di stimolo, così come progettato dal governo, dovrebbe essere di 6 mila miliardi di yen (circa 45 miliardi di euro), di cui 1.000 miliardi destinati a tagli fiscali per aiutare gli investimenti aziendali.

Stipendi italiani e europei a confronto

 L’Italia non brilla certo per l’ammontare degli stipendi che si possono guadagnare in qualunque tipo di professione, che sia specializzata o meno. Anche questo è uno dei motivi per i quali molti dei cervelli italiani migliori migrano verso altri paesi.

Il livello retributivo italiano è uno dei più bassi di tutta Europa e l’Osservatorio Page Personnel ha fatto un confronto tra le remunerazioni alle quali si può aspirare in Italia e nei diversi paesi europei per molte delle professioni più comuni. Riportiamo qui di seguito tre degli esempi più esplicativi.

Ingegneri

Dopo tre anni di lavoro un ingegnere meccanico in Italia arriva a guadagnare circa 35.000 euro annui lordi, mentre in Inghilterra può arrivare fino ai 52.000. Anche per gli altri tipi di specializzazione il discorso non cambia: un ingegnere ambientale in Italia arriva a guadagnare al terzo anno di attività 50.000 euro, 8.000 in meno rispetto alla media europea.

Manager

Le differenze più vistose di remunerazione sono sempre con l’Inghilterra. Un executive assistant junior nel Regno Unito guadagna circa 5.000 euro in più all’anno rispetto al suo corrispondente italiano e la differenza cresce al crescere del livello raggiunto.

Se una manager italiano arriva ad uno stipendio annuo di 33.000 e i 40.000 al terzo anno di attività, chi svolge la stessa professione allo stesso livello in Francia guadagna tra i 37.000 e i 45.000 e nel Regno Unito tra i 40.000 e i 55.000.

Impiegati

Scendendo di livello di specializzazione, però, iniziano a livellarsi anche le differenze di remunerazione tra l’Italia e gli altri paesi europei: un impiegato di medio livello guadagna dai 27.000 ai 32.000 euro all’ano, in Inghilterra la remunerazione media è di 31.000 – 37.000 inglesi. 

Professionisti senza albo, chi guadagna di più?

 Chi sono i professionisti senza albo?

I professionisti senza albo sono tutti quei lavoratori autonomi, circa 3 milioni in Italia, la cui professione non prevede l’iscrizione ad un albo o ad un ordine professionale, quindi questi professionisti non sostengono un esame che certifichi la loro abilità per la professione che svolgono.

Da qui deriva che i professionisti senza albo non hanno neanche un codice professionale o un regolamento da rispettare, ma hanno comunque la possibilità di dare una istituzionalità e una valenza alla loro professione grazie alla legge che prevede la possobilità di ottenere un bollino di qualità, una certificazione professionale che assicura al cliente di essersi rivolto ad un professionista competente.

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Tra le professioni senza albo più diffuse ci sono i fotografi, gli informatici, gli amministratori di palazzi, i massaggiatori, i pubblicitari e gli osteopati e molti altri. 

Quanto guadagnano i professionisti senza albo

Le professioni senza albo danno a chi le svolge la possibilità di ottenere dei guadagni interessanti. Tra le professioni senza albo più pagate spiccano gli amministratori di condominio, circa 142 mila con il bollino professionale, che possono arrivare a guadagni fino a 220 euro mensili a condominio

Al secondo posto delle professioni più pagate ci sono gli auditor, esperti aziendali che si occupano di valutare le performance delle aziende e pianificare strategie di ottimizzazione delle risorse. Il loro guadagno va da un minimo di 40mila euro annui a più di 100mila euro in base al livello di esperienza.

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Seguono i saldatori, che possono arrivare anche a 3.000 euro al mese, e i tributaristi (30/50 mila euro annui).

Aumento Iva, dal 1° ottobre 2013 anche i carburanti saranno più cari

 Fate il pieno finché potete, o almeno prima che scatti la mezzanotte del 1° ottobre 2013, giorno in cui scatterà l’aumento automatico dell’aliquota Iva di un punto percentuale, passando così dal 21 al 22 %. L’Iva aumenterà su una larga fetta di generi di largo consumo, tra i quali ovviamente anche i carburanti per i quali ci si aspetta un aumento dei prezzi anche fino a 1,5 centesimi di euro/litro.

Le conseguenze dell’aumento dell’IVA a partire dal primo ottobre

Altro salasso per gli italiani che si troveranno a pagare due volte questo aumento: in Italia la maggior part e della merce viene trasportata su gomma e il maggiore prezzo che dovranno pagare i produttori e i fornitori per i trasporti sarà, naturalmente, riversato sui prezzi al consumo, già lievitati per effetto dell’aumento dell’Iva.

Nello specifico, il prezzo raccomandato della benzina salirà di circa 1,5 centesimi di euro/litro, quello del diesel di 1,4 ed il gpl di 0,7 centesimi. Unica e magra consolazione è che l’aumento del prezzo scatterà solo dopo che i rivenditori avranno terminato le attuali scorte.

Al momento i prezzi medi dei carburanti in Italia sono 1,796 euro al litro per benzina, 1,724  per il diesel e 0,813 gpl, con picchi per la “verde” fino a 1,844 euro/litro, il diesel a 1,751 e il gpl a 0,850.

La crisi siriana incide sul prezzo della benzina

In realtà per una volta gli italiani ci hanno guadagnato: se fosse passata la bozza del decreto legge prima della crisi di governo, il rincaro sui carburanti sarebbe stato maggiore, i quanto erano previsti aumenti delle accise sui carburanti di 2 centesimi al litro per tutto il 2013 e poi di 2,5 fino al 15 febbraio 2015.

In Svizzera è record di occupazione

 Nel secondo trimestre del 2013 in Svizzera il numero di occupati è aumentato dell’1,3%, in netta controtendenza con le dinamiche di tutto il resto dei paesi dell’Unione Europea dove si registra un -0,4% di persone con un’occupazione.

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In totale nella Confederazione Elvetica il numero degli occupati è di 4,8 milioni su una popolazione di poco più di 8 milioni di abitanti, con un tasso di disoccupazione generale al 4,2% e quello giovanile è al 7% grazie al connubio azienda-scuola.

Da evidenziare anche il netto contrasto con il livello dei salari tra la Svizzera e il resto dei paesi UE: i colossi come Lidle offrono salari minimi da 3.300 euro. La Svizzera ha dalla sua parte la domanda interna ed esterna che continuano a tenere, di conseguenza il potere di acquisto dei cittadini è rimasto invariato nel tempo.

Il segreto della Svizzera e dell sua tenuta di fronte alla crisi mondiale risiede anche nella distribuzione dei redditi meno iniqua di quella delle nazioni circostanti, in pratica una equilibrata distribuzione della ricchezza generata dal paese tra tutti i cittadini che rende i lavoratori più propensi a spendere. Le aziende, di conseguenza, creano maggiori volumi di vendita e possono assumere più personale.

Le imprese italiane vogliono delocalizzare in Svizzera

Un circolo virtuoso che non esiste in nessun altro dei paesi europei, anche se non si può parlare di un vero e proprio paradiso dei lavoratori – ad esempio in Svizzera non ci sono alcune delle garanzie per il lavoratori presenti in Italia come l’articolo 18 – ma, a quanto sembra, il sistema economico e sociale del paese non ne risente.

Lo strappo di Berlusconi interferisce con le performance delle sue aziende

 Ci sono alcune scelte che possono cambiare la vita, e non sempre in meglio. A volte ci si affida ai consigli delle persone sbagliate e si f un errore che poi si ripercuote su tutto il resto: secondo gli analisti questo è quanto accaduto a Silvio Berlusconi che, dopo la decisione che lo ha portato alla rottura politica e alla conseguente crisi che stiamo attraversando, oggi si trova anche a fare i conti con le performance disastrose dei titoli che ruotano intorno alla sua figura.

Aumento Iva e destino del Governo, se passa la fiducia si riapre il dibattito

Quest’oggi, a Piazza Affari, che è stata una delle peggiori borse dell’intero continente, i titoli Mediaset Mediolanum sono stati tra quelli che hanno fatto registrare le performance peggiori, stesso discorso per Mondadori che, anche se il titolo ha tenuto meglio degli altri, non può dire di aver brillato nelle contrattazioni.

La banca elvetica Crédit Suisse parla già di un’era post Berlusconi per la politica italiana, che avrà immediatamente le sue ripercussione, come è già accaduto quest’oggi, sulle aziende e le società che in qualche modo sono legate al nome del cavaliere. Se lo strappo creato con la richiesta di dimissioni fatta da Berlusconi a tutti i ministri del suo partito non sarà a più presto ricucita, i titoli delle aziende del cavaliere incapperanno in “volatilità, incertezza e qualche ulteriore allargamento degli spread, in aggiunta alla reazione negativa accumulata nel corso delle ultime settimane”.

Piazza Affari ha dimenticato il Cavaliere

Questa ennesima crisi di governo sta mettendo di nuovo l’Italia in una situazione molto difficile sulle piazze internazionali e anche a rischio di un nuovo taglio del rating da parte delle agenzie internazionali.