L’India è nei guai

 Il crollo della rupia che ha contribuito all’erosione del capitale dei magnati indiani, è soltanto un indice che testimonia il cambiamento in atto nei paesi BRICS. Le cosiddette economie emergenti, infatti, non sono più una calamita per gli investitori che preferiscono spostare il loro business in America dove la ripresa è iniziata e il mercato appare più stabile.

Mercati emergenti non più appetibili

Ma cosa sta succedendo in India? Il Subcontinente, per tantissimo tempo, è stato considerato il fulcro dell’economia mondiale a causa della gioventù della popolazione e del potenziale economico del paese. In realtà la situazione economica indiana è in una fase calante da un anno a questa parte.

La popolazione è certamente giovane e i lavoratori indiani costano anche pochissimo ma è ridotto anche il numero degli imprenditori stranieri che vogliono scommettere su questo paese e portano in India le loro società. Gli imprenditori, ormai, hanno capito di dover lottare contro una burocrazia, quella indiana, molto corrotta e spesso incapace di rispondere alle esigenze dei “capitalisti”. In più mancano le infrastrutture per far decollare alcuni particolari business.

La rupia torna ai minimi storici

Il governo indiano, preso atto del contesto, ha smesso di credere nella crescita del paese, ha rinunciato alle aspettative ce parlavano di una crescita del paese superiore al 10 per cento già nel 2012. Anche per il 2013 sono state tagliate le stime di crescita.

La Tobin Tax cambia ancora

 La Tobin Tax è un’imposta che riguarda le rendite finanziarie. Peccato che da quando è stata introdotta, anche a livello teorico, ci sono state tante modifiche e adesso si sa che chi ha una rendita finanziaria deve pagare qualcosa all’Erario ma non è ancora chiaro su quale valore sarà calcolata l’imposta. Di certo c’è che la Tobin Tax sarà effettiva dal 16 ottobre 2013.

Commerzbank e il prelievo forzoso in Italia

Insomma, dalla metà di ottobre, gli operatori finanziari non hanno più scampo. La prima scadenza era stata fissata per il 16 luglio, poi c’è stato lo slittamento di tre mesi, ma non sembra ci sia modo di procrastinare ancora l’imposta. Dal primo marzo scorso sono conteggiate le tasse relative ai trasferimenti azionari, mentre dal primo settembre comincerà il conteggi per i contratti derivati.

Tobin tax sulle azioni al via

L’imposta deve essere utile ad arginare le speculazioni e per questo è applicata alle operazioni ad alta frequenza che riguardano sia le azioni, sia i derivati. La novità, che nella pratica deve ancora trovar applicazione, è stata pensata dal governo Monti o meglio, il vecchio esecutivo ha pensato di anticipare di un anno l’entrata in vigore della direttiva europea che comunque avrebbe imposto anche al nostro paese un prelievo sulle rendite finanziaria a partire dal primo gennaio 2014.

 

Crolla il turismo in Egitto

 L’Egitto è in pieno fermento, ma stavolta non si parla affatto di primavera araba, quanto piuttosto di scossoni politici, di cambio al vertice, di guerra civile. Il paese nordafricano, quindi, sebbene ricco di mete turistiche, non è più sicuro per i vacanzieri che hanno pensato giustamente di cambiare rotta.

Il golpe egiziano manda nel panico le borse

La crisi egiziana, partita come una crisi di stampo politico, ha avuto delle ripercussioni sociali ed economiche. Nell’ultimo periodo il giro d’affari legato al mercato turistico, ha perso circa 80 milioni di euro. A rendicontare la situazione ci hanno pensato i tour operator, attivi anche nel nostro paese.

L’economia egiziana e la primavera nera

Per quanto riguarda l’Italia, poi, è stata anche la Farnesina a sconsigliare i viaggia in Egitto, almeno fino alla metà di settembre. In prospettiva, però, ci potrebbe essere un blocco dei viaggi ancora più importante, valido per tutti fino alla fine dell’anno. Questo vuol dire che l’Egitto potrebbe subire una seconda “guerra” di stampo finanziario.

In realtà a subire ci sarebbe anche l’economia italiana, che considera le mete egiziane insostituibili e che nell’ultimo periodo ha dovuto fare i conti con la crisi economica e il calo delle prenotazioni. L’Egitto, almeno per il nostro paese, rappresenta la prima meta di vacanza quanto a numero di viaggiatori che la prediligono. Il giro d’affari legato a questo paese nordafricano, tanto per avere un’idea, è di 280 milioni di euro.

Il FMI sull’abbandono del QE

 Il piano di Quantitative Easing è stato d’aiuto alla ripresa dell’economia americana ma adesso bisogna anche rispettare i tempi della ripresa. A parlare è Christine Lagarde che è intervenuta al simposio annuale della Federal Reserve, che si è tenuto a Kansas City. Il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale ha detto che gli aiuti finora dati all’economia americana sono stati importanti ma è fondamentale rispettare il ritmo della ripresa.

Attesa per l’ultima riunione della FED

La FED, in questo periodo, sembra concentrata molto sulla scelta del successore di Ben Bernanke, ma gli osservatori esterni non possono non essere preoccupati per la situazione degli States. In effetti negli USA la ripresa è iniziata e il mercato è molto stabile, tanto che moltissimi investitori hanno spostato i loro capitali dai paesi emergenti alla FED.

Crescono i mercati europei grazie alla FED

La Lagarde, però, è convinta che non bisogna rinunciare subito e velocemente agli stimoli monetari che hanno fatto delle banche centrali i veri eroi dell’economia internazionale contemporanea. E’ importante, adesso, che si definisca un piano di collaborazione che coinvolga gli attori della finanza e quelli della politica.

Il monetarismo non è la soluzione a tutto, è invece fondamentale mettere in campo le riforme strutturali, gli unici strumenti in grado di garantire una crescita sostenibile di lungo periodo.

Cosa ha fatto impazzire il Nasdaq

 La volatilità agostana, proverbiale nel settore finanziario, si è fatta aspettare per un bel po’ ma alla fine è arrivata. La considerazione è fatta partendo da quel che è successo al Nasdaq che ha vissuto una tempesta di tre ore che gli analisti hanno provato ad analizzare con lucidità.

Mercati emergenti non più appetibili

La tempesta, la pazzia del Nasdaq, non è legata agli indici o alle azioni quotate nel mercato americano. Per tre ore, infatti, non sono stati reperibili i prezzi sui monitor dei trader. Questo vuol dire che la tempesta si è legata soprattutto al cattivo rapporto tra tecnologia e mercati finanziari. Adesso tocca alla Securities and exchange commission, la Sec, fare un’indagine accurata.

Record a Wall Street ma crolla l’Asia

Il presidente della Sec ha comunque commentato a caldo l’accaduto spiegando che questo problema tecnico deve stimolare ancora di più l’impegno della collettività alla risoluzione dei problemi finanziari legati al malfunzionamento delle tecnologie. Il problema è molto sentito. Anche a marzo, per esempio, tutti gli attori del mercato, sono stati obbligati a rispettare una policy e delle procedure precise, finalizzate a migliorare la sicurezza e l’affidabilità dei sistemi tecnologici.

In pratica software e hardware di cui la borsa si serve per gestire i suoi traffici, saranno sottoposti a standard per l’installazione, la gestione, ma anche per i test e per la supervisione.

 

Mercati emergenti non più appetibili

 Gli investitori hanno ormai smesso di credere nella redenzione dei mercati emergenti, quelli su cui avevano puntato per lungo tempo. Ma è davvero finito l’effluvio di denaro verso le economie ancora in fase di sviluppo? La domanda sorge spontanea dopo aver considerato quello che è successo all’India dove la rupia è calata in modo vertiginoso ed ha eroso il business dei magnati del paese.

La rupia torna ai minimi storici

In questo momento, comunque, gli investitori sono attratti dall’America. Negli Stati Uniti è iniziata infatti la ripresa e questo dà fiducia a chi deve far fruttare il proprio capitale. In sostanza si preferisce investire in azioni americane, piuttosto che puntare ai mercati emergenti. A dirlo è una ricerca di Bloomberg.

Pronta una banca mondiale per gestire l’ascesa

Il riferimento cronologico è al 2013, anno in ci i fondi d’investimento USA sono stati in grado di capitalizzare circa 95 miliardi di dollari a fronte di una vendita pari a 8,4 miliardi di dollari. Lo stesso indice S&P ha dimostrato di saper accelerare la corsa sui mercati guadagnando il 70% in più di quello che sono in grado di guadagnare gli indici dei mercati emergenti Msci.

Quello che però colpisce dell’America di Barack Obama è la stabilità. Il mercato americano, adesso, è più calmo di quello cinese, di quello brasiliano, di quello indiano e di quello russo.

Arrivano i soldi europei per l’Italia

 L’Italia, uno degli stati europei maggiormente colpiti dalla crisi, non può pensare di sopravvivere da sola in questa situazione. E’ necessario al contrario trovare una via d’uscita con l’aiuto dell’Unione Europea. Tempo fa era stato fatto notare come i fondi che l’UE mette a disposizione siano stati sfruttati poco e male dal Belpaese. In pratica con qualche forzatura sono stati usati per finanziare la CIG.

L’Italia deve emanciparsi dei fondi

L’Europa, in questo momento, non vuole più assecondare la crisi ma fornire un aiuto all’Italia, anche di natura economica, ragionato e studiato sulla base delle esigenze del nostro paese. La notizia che sembra dar respiro agli investitori, quindi, è quella dei 30 miliardi di euro che sono stati sbloccati e saranno inviati allo Stivale. Quanto a fondi ricevuti dall’Europa, siamo secondi soltanto alla Polonia. Dei soldi che arriveranno in Italia, poi, 20 miliardi saranno usati per lo sviluppo del Meridione. In pratica al Sud Italia arriveranno complessivamente più fondi di quanti ne arrivino alla Germania intera.

Italia recupera terreno ma i fondi UE sono a rischio

I fondi di cui stiamo parlando fanno parte del budget definito dall’UE per il periodo che va dal 2014 al 2020 per le politiche di coesione. IN tutto si tratta di 72,87 miliardi di euro, di cui 29,24 miliardi vanno soltanto all’Italia. Nelle Regioni meno sviluppate, quelle meridionali, confluiranno circa 20,262 miliardi di euro.