Contratti – Che cosa sono le clausole vessatorie

 Quando si stipula un contratto di natura assicurativa, di natura bancaria o relativo ad un servizio di tipo finanziario il cliente viene invitato alla sottoscrizione di un accordo che contiene tutte le disposizioni e le norme che caratterizzano il servizio.

Come cambiare il canone di locazione

 Immaginate di aver affittato una casa o un locale commerciale e di trovarvi dopo qualche tempo nell’impossibilità di pagare il canone di locazione. Non si butta certo all’aria così il rapporto con il padrone di casa e in effetti, la prima cosa da fare, è probabilmente tentare di negoziare di nuovo il prezzo dell’affitto.

Scegliere tra cedolare secca e remissione in bonis

Un contribuente ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se nel caso di modifica del contratto di locazione, con una riduzione del canone d’affitto, fosse necessario registrare ufficialmente anche la modifica del contratto. La modifica, infatti, comporta in genere il pagamento dell’imposta di bollo e dell’imposta di registro.

La risposta ufficiale alla domanda è stata data da FiscOggi che ha chiamato in causa la risoluzione numero 60/E dell’Agenzia dell’Entrate del 28 giugno 2010. Già tre anni fa, quindi, era sorto un problema analogo e, allora, l’Erario aveva spiegato che la riduzione di un canone di locazione di un contratto in corso non deve essere comunicata obbligatoriamente all’Amministrazione.

Come tutelarsi dagli affitti in nero

Questa che sembra una “deroga”, nasce dalla considerazione dell’atto di riduzione del canone. In genere se c’è una cessione, una risoluzione o una proroga del contratto, queste devono essere comunicate all’Amministrazione e per ribadire l’importanza del rapporto le parti possono chiedere la registrazione del documento.

Anche per la diminuzione è possibile, ma non obbligatorio, effettuare la comunicazione al fine di avere una prova certa della modifica dell’imponibile finalizzato alla definizione dell’imposta di registro, dell’IVA e delle imposte sui redditi.

Riconoscere l’elusione dai prezzi dell’outsourcing

 Il reato di elusione fiscale ha colpito parecchie aziende anche molto grandi e molto quotate quali Google ed Apple. Tuttavia si tratta di un reato particolarmente diffuso in tutto il mondo. L’Agenzia delle Entrate è tornata sull’argomento spiegando che si configura il reato di elusione anche quando il titolare di uno studio professionale paga dei servizi molto costosi alle società di capitali di cui è socio di maggioranza.

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Per capire meglio i termini di questo “reato”, proviamo a spiegare in poche parole di che situazione stiamo parlando. Un professionista, per esigenze commerciali, potrebbe sentire la necessità di sperimentare l’outsourcing, magari perché fuori dalla propria azienda trova professionisti che per fare il lavoro necessario hanno delle tariffe più competitive.

L’OCSE contro l’elusione fiscale

Se però i servizi ottenuti dal professionista in questione, sono più esosi del normale ed eccedono anche i costi dell’impiego del personale interno, allora c’è qualcosa che non va. Se poi la società di cui ci si serve per i lavori in outsourcing vede il professionista tra i soci, conta dei collaboratori che hanno già lavorato nello stesso studio professionale ed offre la possibilità di avere delle agevolazioni fiscali, allora il gioco è fatto.

La situazione descritta è stata giudicata dalla Corte di Cassazione che ha ribadito i confini del reato con la sentenza numero 16859 del 5 luglio dell’Agenzia delle Entrate.

Negli USA vendite al dettaglio sotto tono

 Le vendite al dettaglio negli Stati Uniti sono considerate quasi alla stregua del sentiment del consumatori, utili a capire che aria tira tra chi, alla fine, deve mettere in circolo i famosi dollari. Il risultato delle rilevazioni di giugno, però, non è confortante visto che i report sono al di sotto delle attese.

Previsioni e borse legate alla Cina

Gli analisti finanziari avevano effettuato delle stime troppo ottimistiche mentre nella realtà il risultato è stato peggiore del previsto. Su base mensile, infatti, le vendite al dettaglio di giugno sono cresciute soltanto dello 0,4 per cento mentre a maggio la crescita era stata dello 0,5 per cento dopo una revisione a ribasso dallo 0,6 per cento.

PIL cinese in ribasso dopo il secondo trimestre

Per il mese di giugno si prevedeva quindi il passaggio verso il +0,8% delle vendite. Le stime ottimistiche sono legate anche alla pubblicazione dell’indice Empire Manufacturing che per il mese in corso è cresciuto dai 7,84 ai 9,46 punti base del mese di giugno. Il dato, in questo caso specifico, è anche superiore alle attese.

Intanto, però, sul dollaro americano che era stato al centro di numerosi rialzi, si sono scatenate le vendite. Il tasso di cambio tra euro e dollaro è salito fino a quota 1,3054, mentre in ribasso ci sono il cambio tra sterlina e dollaro e quello tra dollaro e yen.

Vendere casa senza fare errori

 Il mercato immobiliare, in tempo di crisi, appare molto insidioso ed è sempre più facile per chi compra casa incappare nel falso affare e per chi vende casa non riuscire a concludere la trattativa ottimizzando i guadagni. Ecco allora che su numerosi portali compaiono i consigli per evitare di compiere errori durante la vendita di un immobile.

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Sicuramente un errore molto comune è quello di fissare un prezzo di vendita superiore a quello di mercato con la speranza che poi, durante la trattativa, contrattando con l’acquirente il prezzo effettivo di vendita, ci si metta in tasca quello che si desidera. Il prezzo in genere è aumentato del 5 o anche del 15 per cento ma questa mossa può scoraggiare gli acquirenti che hanno già definito un budget.

Si vende casa ma con lo sconto

Fissare il prezzo più alto è una mossa che si fa o per ottenere alla fine il prezzo desiderato, oppure perché si è fatta una valutazione dell’immobile eccessivamente “presuntuosa”. L’errore da evitare, il secondo, è quindi quello di pensare che la propria casa sia migliore delle altre.

Il terzo errore è sempre afferente al prezzo. Gli esperti sconsigliano di ostinarsi nel mantenere un certo livello quindi evitando di abbassare il costo allungando i tempi della trattativa. Per quanto riguarda l’atto effettivo della vendita, l’errore da evitare è quello di presentare la casa in cattive condizioni: con poca luce, con qualche difetto evidente, per esempio la perdita di un rubinetto e così via.

Perché le banche cambieranno gli spread

 Lo spread applicato dalle banche ai mutui, riesce a fare il bello e il cattivo tempo riguardo il tasso finito che deve essere accettato dagli aspiranti mutuatari. In futuro, ormai lo confermato tutte le statistiche, sarà sempre più conveniente il tasso variabile  ma più in generale si nota la volontà o la necessità degli istituti di credito di modificare gli spread.

Il loro guadagno, dicono gli esperti, sarà in calo, lo spread quindi diminuirà con le solite differenze da banca a banca. Secondo una consuetudine poco ortodossa, infatti, gli spread applicati dagli istituti di credito, fino a quale mese fa, seguivano l’andamento dello spread tra Bund e BTp. Un movimento simmetrico anche abbastanza illogico se ci pensiamo bene che adesso sembra finito.

Perché sarà sempre più conveniente il tasso variabile

Ci sono invece be quattro motivi per cui in futuro gli spread cambieranno. Prima di tutto perché il valore dell’Euribor resterà ai minimi e quindi sarà sempre più difficile per le banche mantenere alto il prezzo dei loro prodotti e giustificare questa tenuta sui massimi livelli possibili.

In secondo luogo i risparmiatori hanno provveduto in tempo di crisi a mettere soldi sui conti deposito. Queste forme d’investimento hanno garantito un rendimento ai cittadini ma hanno anche aumentato la raccolta delle banche e questo potrebbe stimolare la riduzione degli spread.

C’è poi da dire che i mutui di oggi, rispetto a quelli del passato sembrano quasi meno convenienti e questa sensazione non può essere confermata nella realtà. Infine, il rischio più importante è nella sostenibilità di tutto il sistema creditizio italiano, con queste premesse, per un lungo periodo.

Cresce ancora Yahoo ma meno del previsto

 Yahoo! è una delle aziende che, attive nel ramo digitale, va incontro ad una progressione senza fine, rallentata per via della crisi ma sempre importante. Eppure, nonostante gli utili siano in aumento, l’azienda capitanata da una donna ha dovuto tagliare le stime per il 2013. Visto che non si tratta dell’unica azienda che si occupa di tecnologia ad accusare il contraccolpo della crisi, potremmo giudicare il 2013 come l’anno nero per il settore tecnologico.

Di fatto sembra che siano stati registrati un numero maggiore di click ed una contemporanea riduzione della pubblicità. Nel secondo trimestre del 2013, quindi, gli utili di Yahoo! sono stati di 331,2 milioni di dollari, con ricavi in diminuzione di 4,5 miliardi di euro.

L’OCSE contro l’elusione fiscale

Il titolo dell’azienda, alla luce di questi risultati, è stato altalenante in borsa ed ha assistito quasi incredulo alla progressione del suo alter ego asiatico: il portale cinese Alibaba che potrebbe avere ricavi maggiori di Yahoo!. Alter ego si fa per dire visto che la società americana controlla il 24 per cento di quella cinese.

A Yahoo! piacciono le donne

Intanto Yahoo! taglia anche l’outlook dell’azienda per il 2013. A livello azionario, invece, si deve prendere atto di un incremento dell’utile per azione che era prima di 18 centesimi di dollaro ed ora è salito fino a 30 centesimi. I profitti, rispetto all’anno scorso, sono invece saliti da 30 a 35 centesimi per azione.

Bernanke gioca a fare l’alleato di Draghi

 L’Europa è in crisi e non c’è speranza di modificare le basi dell’economia del Vecchio Continente. L’unica cosa da fare è stimolare monetariamente gli stati membri. Il messaggio, inviato da Bernanke alla Banca Centrale, sembra pieno di senso e solidarietà, tanto che il numero uno della FED è stato immediatamente ribattezzato “l’alleato di Draghi”.

Bernanke sulla stessa linea di Draghi

La Federal Reserve è stata di recente protagonista di un’audizione al Congresso dove ha parlato della necessità per l’Europa di una politica monetaria accomodante, adatta al Vecchio Continente e duratura nel tempo. Una dichiarazione d’affetto e solidarietà, se possiamo usare questi termini molto romantici, che ha fatto riprendere vigore ai listini europei.

A Krugman non piace l’atteggiamento della FED

Il discorso di Ben Bernanke ha di poco preceduto, tra l’altro, la pubblicazione dei beige book. Nel frattempo, per quanto riguarda l’Europa, se volessimo effettuare una ricognizione a volo d’uccello, potremmo notare un aumento del rendimento dei titoli di Stato portoghesi e una stabilizzazione dello spread tra bund e BTp intorno ai 290 punti. Dall’altra parte del mondo, in Giappone, il Nikkei ha chiuso le contrattazioni con un leggero incremento dello 0,1 per cento.

Bernanke, pur concentrandosi sull’Europa, non ha dimenticato di rassicurare i mercati del fatto che la Banca centrale americana si defilerà dal programma di sostegno all’economia, riducendo il quantitative easing.

Il PIL crescerà ancor meno del previsto

 Bankitalia, con enorme rammarico, deve precisare che il PIL del nostro paese crescerà ancora meno del previsto. Sembra infatti che ci sarà una flessione del prodotto interno lordo ancora più consistente. La stima è di un calo dell’1,9 per cento per l’anno in corso.

L’allarme per la situazione economica dell’Italia va di pari passo con la considerazione del problema più urgente da risolvere: quello della disoccupazione che potrebbe sfiorare nel 2014, quindi tra sei mesi appena, la soglia del 13 per cento.

Previsioni e borse legate alla Cina

Se si fa una panoramica degli altri indici si scopre anche che l’inflazione è sotto controllo così com’è costantemente monitorato il tesoretto che dovrebbe impedire l’aumento dell’IVA, per ora posticipato ad ottobre. In calo, invece i consumi che scendono ancora dell’1,9 per cento nel 2013. La stagnazione si dovrebbe invece consolidare nel 2014.

Il FT parla di una nuova crisi europea

Le previsioni di Banca d’Italia sulla nostra economia non sono certo incoraggianti e lo sono ancor meno se incorniciate nell’ottica della situazione economica globale. Si deve infatti pensare che la cosiddetta sforbiciata sul prodotto interno lordo era già stata data dal FMI ed ora è stata soltanto confermata da Bankitalia.

La contrazione sarà dell’1,9 per cento nel 2013 per poi essere in leggera ripresa nel 2014 con un incremento dello 0,7 per cento. Le previsioni precedenti parlavano di una contrazione dell’1,8% del PIL nel 2013 e di una ripresa dello 0,7% l’anno prossimo.

 

Il guadagno dalla raccolta differenziata

 Pagare la tasse non piace a nessuno ma ci sono dei comportamenti virtuosi che, dove il sistema funziona, consentono di pagare un minor quantitativo di imposte. Il discorso vale per esempio per la tassa sui rifiuti che nel nostro paese sta andando incontro ad una trasformazione epocale.

Soltanto per inciso ricordiamo che la vecchia tassa sui rifiuti sarà presto sostituita da un’imposta che ripagherà sia il servizio reso dalle aziende che si occupano di raccolta e smaltimento dei rifiuti, sia i servizi urbani, quali ad esempio l’illuminazione delle città.

Guida al decreto semplificazioni

Ma con i rifiuti, questa è la cosa interessante, messa in evidenza dal portale informativo di ING Direct, ci si può anche guadagnare. Ecco come. Nel giro di due anni e mezzo, dal 2010 al 2013, gli italiani hanno imparato a ridurre l’entità della loro spazzatura. Ogni italiano, nel 2012, ha prodotto per esempio 504 chili di mondezza che sono 32 chili in meno del 2010.

Crescita italiana e nuove tasse

Il calo dei consumi ha influito su questa situazione ma è stato importante anche lo sviluppo della sensibilità verso la raccolta differenziata. Tutti coloro che hanno saputo fare la differenza, in base al territorio di appartenenza, hanno ottenuto dei benefit.

Dove sono attivi i raccoglitori automatici di spazzatura, per esempio, i cittadini al crescere della differenziata, hanno ottenuto in cambio buoni sconto e altri premi, per esempio i buoni benzina.