Condannati i Ligresti e non solo

 La storia della famiglia Ligresti è emblematica del tessuto industriale e finanziario del nostro paese. In queste ore abbiamo appreso la notizia dell’arresto di alcuni esponenti della famiglia Ligresti ma sicuramente è stata molto importante anche la notizia della condanna per Tronchetti Provera. Concentriamoci su questo secondo affare.

Marco Tronchetti Provera, il leader della Pirelli, è stato condannato dal Tribunale di Milano. La sua condanna è stata definita all’interno di un processo sull’hackeraggio che era stato effettuato ai danni del Kroll, l’agenzia di investigazione internazionale.

Gli stranieri vogliono comprare le compagnie assicurative italiane

Il manager, in questo caso Tronchetti Provera, sarebbe stato informato dei fatti da Giuliano Tavaroli. La condanna per il numero uno di Pirelli è stata di un anno e otto mesi e l’accusa precisa è quella di ricettazione. Il periodo in cui sarebbero stati commessi i reati, sono quelli in cui Tronchetti Provera era a capo di Telecom Italia.

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All’epoca il manager in questione era entrato in possesso di un cd di dati, utili ed utilizzati nella battaglia commerciale finalizzata al controllo di Brasil Telecom. Siamo nel 2004. Tavaroli, che si occupava nello stesso anno della security dell’azienda telefonica, avrebbe informato il suo responsabile.

La condanna però è stata alleggerita, visto che il procuratore aggiunto aveva chiesto per Tronchetti Provera ben due anni e una multa da 5 mila euro.

Ancora problemi per RCS

 Il gruppo editoriale cui fa capo il Corriere della Sera doveva vedere l’ingresso di FIAT tra gli azionisti principali, per questo nonostante le premesse critiche a livello aziendale, il titolo in borsa aveva respirato un po’. Dopodiché si è iniziato a parlare dell’intervento di Della Valle ma il patron di Tod’s non ha sciolto il riserbo sulla sua discesa in campo. A distanza di qualche settimana, però, si torna a parlare di RCS.

Telecom si lascia sfuggire l’accordo con H3G

Questo nuovo protagonismo sui listini è determinato dalla decisione di Urbano Cairo che forte del suo patrimonio editoriale, ha deciso d’incrementare la presenza in questo settore di mercato acquistando il 2,8 per cento delle azioni di RCS.

La notizia è rimbalzata immediatamente a Piazza Affari dove il titolo editoriale ha guadagnato velocemente il 6 per cento con le azioni che sono arrivate a costare 1,2 euro.

Cosa sta cambiando in RCS

La buona performance del titolo è stata accompagnata da una nuova fiducia mostrata nei confronti di RCS e della decisione di Cario, già proprietario di La7, di rafforzare il suo patrimonio. In futuro si pensa a nuovi scenari ma soprattutto a nuovi equilibri nel capitale del gruppo RCS.

Cairo è legato da sempre a RCS visto che tutta la sua carriera è iniziata proprio 187 anni fa con la raccolta pubblicitaria di Io Donna e TV7.

La Coca Cola non va bene come previsto

 La campagna marketing della Coca-Cola molto spinta nel canale social, non ha convinto moltissimo gli acquirenti, stando ai dati diffusi per il secondo trimestre. Si è notata infatti che Coca-Cola ha venduto meno di quanto ci si aspettasse facendo sopraggiungere tra gli investitori lo spettro della crisi. Entriamo nel dettaglio della questione.

Classifica dei brand che valgono di più al mondo

Le vendite della Coca-Cola hanno deluso. La flessione maggiore degli ordinativi si è registrata inaspettatamente in Nord America e in Europa, territori considerati capisaldi del business di questa azienda. Questa condizione, con riferimento al primo semestre dell’anno, sembra da imputare alla crisi economica globale e alle condizioni meteo che hanno caratterizzato la primavera.

Coca Cola – Stage per neolaureati

Il fatto è che quando la crisi colpisce la prima società produttrice di bevande analcoliche nel mondo, tutti gli investitori e gli azionisti iniziano a preoccuparsi seriamente. Sono pochi quelli che vedono nel meteo la principale causa della riduzione degli ordini.

Ad ogni modo, a livello globale, si registra una crescita nella vendita di Coca-Cola ma questo incremento è lieve, appena l’1 per cento e ci si aspettava molto di più. Le vendite, come abbiamo detto, sono diminuite nelle zone chiave: la flessione in Nord America è stata dell’1 per cento, mentre in Europa si parla addirittura di un -4 per cento.

Report sul mercato europeo dell’auto

 Le auto non piacciono più agli europei che con la loro ostinazione nel disertare il mercato automobilistico, stanno mandando in crisi molte aziende, tra cui anche la FIAT. Il crollo delle vendite, in questo caso, si traduce immediatamente in un crollo dei titoli in borsa.

In calo i prestiti per auto e moto

Il dato di fatto è che in Europa sono crollate in modo netto le vendite delle macchine. Questa consapevolezza ha mandato nel pallone gli investitori che si sono affrettati con le vendite dei titoli automobilistici del loro portafoglio. L’effetto è stato la perdita di valore dei titoli.

Ancora aumenti per le assicurazioni

Andiamo a dare qualche numero riferendoci alle performance di giugno. Il mercato europeo dell’auto ha chiuso i battenti del primo semestre dell’anno con un calo del 6,3 per cento delle vendite. Sono state infatti vendute soltanto 1.175.363 vetture, rispetto al 1.254,022 del 2012. Non solo, questo dato è il più basso mai registrato dal 1996, indice del fatto che le esigenze della popolazione stanno cambiando notevolmente.

Tanto per capire la gravità della situazione FIAT diremo che il Lingotto ha piazzato sul mercato soltanto 69.027 vetture a giugno, contro le 79.892 del 2012. A livello geografico, le riduzioni delle vendite più ampie ci sono state in Francia, in Italia e in Germania. L’unico paese in crescita è stata la Gran Bretagna dove le vendite di auto sono aumentate del 13,4 per cento.

Perché sarà sempre più conveniente il tasso variabile

 I mutui a tasso variabile, anche sul lungo periodo, sono da considerarsi i più vantaggiosi. C’è addirittura un’indagine dell’esperto del Sole 24 Ore dedicata all’argomento che spiega che in futuro i tassi variabili saranno sempre più vantaggiosi dei tassi fissi.

Perché le banche cambieranno gli spread

Il punto di partenza è la situazione contingente, in cui le richieste di mutuo sono sempre minori e gli aspiranti mutuatari, terrorizzati dall’andamento dell’economia e della finanza internazionale, si rifugiano nei mutui a tasso fisso. Ad ogni modo, sommato l’IRS di periodo con la media degli spread applicati dalle banche, si prevede che in futuro ci sia un aumento di 50 punti base del tasso finito.

BPM ti strizza il mutuo

Il divario dai mutui a tasso variabile aumenterà ancora e questo farà sì che le soluzioni miste e variabili siano sempre più convenienti. In fondo anche l’andamento dell’IRS dipende dall’andamento dei titoli di stato tedeschi che, ora nel momento in cui è stata rinnovata la tripla A alla Germania, minacciano di essere a lungo i primi della classe.

Al crescere del rendimento dei bund cresce anche l’indice IRS. Per quanto riguarda gli indici di riferimento che compongono il TAEG dei prodotti variabili, quindi l’indice Euribor e l’indice BCE, è probabile che restino bassi fino alla fine del 2014.

Annullare il mutuo per tassi elevati si può

 Chi si occupa del mercato immobiliare ha sicuramente bisogno di conoscere bene anche il settore dei mutui, perché nonostante una casa su due sia acquistata in contanti, il resto delle persone sono “aspiranti mutuatari”. Capita però che per inseguire il sogno di avere una casa, si possa essere disposti a tutto, anche a sottoscrivere un mutuo a tassi elevati che nel tempo possono trasformarsi in tassi usurari.

Il fisso di Cariparma scontato fino a dicembre

Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione, la numero 350 del 2013, è possibile che una banca debba risarcire i cittadini qualora i tassi applicati siano da considerarsi superiori alla soglia d’usura. Per conoscere le soglie è bene consultare un bollettino trimestrale della Banca d’Italia.

Mutui sempre meno adatti ai giovani

Nel frattempo, per sapere se il mutuo sottoscritto con il proprio istituto di credito è annullabile “per applicazione di tassi usurari”, si consiglia di prendere visione del vademecum dei Confonsumatori. La guida proposta dall’associazione, spiega che ci sono almeno sei punti per riconoscere un mutuo “fuorilegge”.

Prima di tutto bisogna avere da parte una copia del contratto di mutuo e in ogni caso si può chiederne una copia alla banca. Il secondo passo è quello di chiedere una valutazione del tasso ad un ragioniere o ad un commercialista, per poi confrontare la perizia con i tassi della Banca d’Italia.

Soltanto constatata l’illegalità del contratto è possibile attivare la diffida della banca e chiedere l’applicazione del principio sancito dalla Cassazione.

Zanonato prova a ridurre il caro benzina

 Siamo alla vigilia del grande esodo per le vacanze estive e come al solito si ripropone sui giornali il problema del caro benzina. Da un anno a questa parte sono state fatte le pulci alle accise a dimostrazione del fatto che a parità di prezzo da un anno all’altro, quello che rende i carburanti più costosi oggi che in passato, è il peso delle imposte.

Ancora aumenti record per la benzina

Purtroppo, nel fine settimana appena archiviato, si è assistito ad un nuovo aumento del prezzo della benzina e del diesel. La situazione è stata osservata da vicino anche dal Ministro dello Sviluppo Economico che non ha esitato a richiamare all’ordine i petrolieri. Il ministro ha fatto presente che la situazione economica del nostro paese non consente di accettare e sopportare nuovi rincari.

La polemica, dunque, imperversa su tutto il paese ed è arrivata fino a Palazzo Chigi dove si ascoltano anche le parole del Garante per gli scioperi che, in vista della serrata di martedì sera, mette tutti in guardia e convoca le compagnie petrolifere per risolvere la situazione.

Il golpe egiziano manda nel panico le borse

La situazione è allarmante perché siamo alle porte delle vacanze e con i rincari previsti si va abbondantemente sopra la soglia dei prezzi medi validi in Europa. Nel nostro paese i carburanti costano già tanto, si andrebbe davvero a pagare troppo. Un ulteriore peso sulla crisi?

Il fisco annuncia un boom del gettito locale

 Il Fisco ha registrato in questi anni un aumento della tensione dei contribuenti che, in relazione alla riforma erariale e in relazione alla perdita del potere d’acquisto, hanno giudicato senza senso, o meglio ingiusto, il continuo aumento delle tasse.

Il fatto è che sono aumentate le imposte, sono state adeguate come ogni anno, ma a crescere in modo davvero esagerato, sono state le imposte locali, legate agli enti che si trovano in difficoltà economica e necessitano d’introiti maggiori.

24 scadenze fiscali a fine anno

Le amministrazioni centrali, le Regioni, le Province, nonché i Comuni e gli enti previdenziali, dal 1992 ad oggi, quindi in poco più di 20 anni, hanno raddoppiato la spesa. Di conseguenza, come spiega bene anche Confcommercio, è stato necessario correre ai ripari aumentato le imposte locali e centrali. Le prime sono cresciute del 500% in 20 anni, le imposte centrali, invece sono “soltanto” raddoppiate.

Le agevolazioni per le associazioni sportive

Secondo l’ultima analisi disponibile anche online, l’incidenza delle addizionali IRPEF è praticamente raddoppiata, ma ci sono anche delle differenze territoriali e geografiche da fare. Basta adottare l’esempio dell’IRAP: a Bolzano si paga la metà di quello che si paga in Campania.

Se poi si prende in considerazione soltanto l’ultimo decennio si scopre che l’incidenza degli addizionali sia regionali che comunali, sull’IRPEF è praticamente triplicata. Le aliquote, però, legate agli enti locali, sono cresciute in modo diverso nello Stivale.

Previsioni e borse legate alla Cina

 Il rallentamento dell’economia cinese era già stato vaticinato dagli speculatori e dagli investitori finanziari, ma non si conosceva ancora l’entità di questo rallentamento. La Cina, adesso si sa, nel secondo trimestre dell’anno è cresciuta soltanto del 7,5 per cento, una crescita molto lenta e anche inferiore alle attese, soprattutto dal punto di vista percentuale.

PIL cinese in ribasso dopo il secondo trimestre

Fortunatamente la borsa di Tokyo era chiusa per ferie e quindi non ci sono stati contraccolpi traumatici nella gestione dei report legati alla Cina. Tutto si è svolto nel Vecchio Continente dove gli acquisti nelle principali piazze sono stati modesti. Nello specifico, per quello che riguarda l’Italia, sembra sia ancora troppo alta la tensione e le aspettative riguardo la soluzione del debito pubblico.

La Cina, tutto sommato, è riuscita a sostenere gli scambi nei listini asiatici, nonostante la crescita al di sotto delle aspettative. I listini europei, invece, hanno subito di più il contraccolpo e infatti la partenza positiva della settimana è stata immediatamente contraddetta da un indebolimento degli scambi.

Dichiarata la bancarotta di Detroit

A Wall Street, intanto, il Dow Jones è avanzato soltanto dello 0,1 per cento, un incremento lieve che sembra aver fatto dimenticare all’improvviso i record segnati alla fine della settimana scorsa. Il Nasdaq, invece, è rimasto lo stesso, nonostante i report legati alle vendite al dettaglio negli States, diano queste in salita dello 0,4 per cento nonostante l’aumento previsto dello 0,8 per cento.

L’Australia pensa ad un nuovo taglio dei tassi

 L’Australia, fino a pochi mesi fa, aveva resistito alla crisi e anche la banca centrale del paese, diversamente rispetto alle altre banche centrali, non aveva dovuto studiare dei metodi per stimolare lo sviluppo dell’economia. Invece adesso, dall’altra parte del mondo, sembra che stia cambiando qualcosa.

Valute e materie prime legate verso il ribasso

Non è un mistero che globalmente la situazione finanziaria è compromessa con il PIL della Cina in forte rallentamento, anche peggio del previsto e con le vendite al dettaglio americane che non riescono a soddisfare le aspettative degli analisti. Finora, l’unico continente che resta sotto la lente d’ingrandimento è l’Europa dove molti investitori stanno spostando i loro capitali.

La valuta debole del mese è l’Aussie

Per quanto riguarda l’Australia, le cose sembrano mettersi male, soprattutto se si considera l’aspetto monetario della situazione. Il dollaro australiano, infatti, conosciuto anche come Aussie, è in caduta libera, è diventato il protagonista, in negativo del mercato Forex.

Tutto dipende, dicono, dal fatto che ci si aspettava una mossa incisiva da parte della Reserve Bank of Australia, il classico taglio dei tassi d’interesse. In più a compromettere le sorti della moneta australiana c’è stato anche il rischio di un hard landing della Cina, paese al quale l’Australia è molto legata dal punto di vista commerciale. Il trend negativo dell’Aussie è confermato anche per il mese di luglio.