Guida al risparmio per le PMI – il valore dell’ export

 Continuiamo anche in questo post a descrivere le possibilità di risparmio che sono alla portata delle piccole e medie imprese italiane ed europee. Il risparmio è infatti un valore che può essere inteso come diretta conseguenza dell’ applicane della giusta strategia economica. 

Come funziona la rateizzazione dei debiti con Equitalia

 Il Decreto del Fare prevede che i contribuenti che abbiano contratto dei debiti fiscali con Equitalia potranno accedere, in modo più semplice e veloce, alla rateizzazione, con metodologie e rate diverse in base all’ammontare del debito stesso.

► Come funziona il fermo amministrativo di Equitalia

Vediamo nel dettaglio come funziona la rateizzazione per i debiti contratti con Equitalia per  importo fino a 50 mila euro, per importi superiori ai 50 mila euro e la rateizzazione in 120 rate e quali sono le restrizioni finanziarie prese in considerazione da Equitalia per concedere o meno la rateizzazione.

Prima di procedere all’analisi delle singole situazioni, ricordiamo che è stato anche aumentato il numero delle rate dopo le quali viene sospesa la possibilità di rateizzazione del debito: da 2 consecutive a 7 rate su tutto il periodo di dilazione del pagamento.

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Rateizzazione debiti Equitalia fino a 50 mila euro

Equitalia ha deciso di sua spontanea volontà di alzare la soglia massima per la quale è possibile richiedere la rateizzazione veloce del debito, portandola da 20 mila a 50 mila euro.

Per accedere a questa rateizzazione, che prevede la restituzione del debito in un massimo di 72 rate in due anni – è sufficiente presentare la domanda allo sportello Equitalia competente per il territorio.

Per questo tipo di rateizzazione è prevista una rata minima di 100 euro, ma il contribuente debitore può richiedere anche un piano personalizzato di restituzione del debito con rate crescenti ogni anno.

Rateizzazione debiti Equitalia superiori a 50 mila euro

Anche nel caso in cui il contribuente abbia contratto con il Fisco un debito superiore a 50 mila euro, ma inferiore ai 120 mila, è possibile accedere al piano di restituzione veloce – 72 rate in sei anni – ma la rateizzazione deve essere approvata da Equitalia.

Sarà quindi necessario produrre la documentazione che dimostra la possibilità da parte del contribuente di saldare il debito a rate o l’impossibilità di saldare il debito in tempi più ristretti.

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Possibilità di rateizzazione in 120 rate

La possibilità di rateizzazione dei debiti con il Fisco in 120 rate è riservata ai contribuenti la cui condizione economica non permette più di assolvere alla restituzione del debito in 72 rate.

La rateizzazione del debito in 120 è sottoposta, da parte dell’ente di riscossione, all’accertamento dell’esistenza di una comprovata e grave situazione di difficoltà che non possa ricondursi alla responsabilità del privato o dell’impresa.

Inoltre, per accedere alla rateizzazione del debito con il Fisco in 120 rate è necessario che il contribuente abbia anche i due seguenti requisiti:

accertata impossibilità per il contribuente di assolvere al pagamento del debito secondo il precedente piano di rateazione ordinario

valutazione di solvibilità del nuovo piano di rateizzazione in 120 versamenti.

Quando e a chi si deve presentare il modello 730 integrativo

 Le scadenze per la presentazione del modello 730 integrativo

Quando il contribuente si accorge che Modello 730 per la dichiarazione dei redditi sono stati commessi degli errori, ha la possibilità di rimediare con la presentazione del modello 730 integrativo, che permette la rettifica dei dati non correttamente riportati.

Nel caso il contribuente abbia dimenticato di documentare eventuali oneri deducibili o detraibili, può rimediare all’errore presentando il 730 integrativo entro e non oltre il 25 ottobre unitamente alla documentazione che attesta il diritto alle detrazioni e alle deduzioni.

Se non si presenta il 730 integrativo entro il termine stabilito, si può rimediare con la presentazione del modello Unico Persone Fisiche entro la scadenza della presentazione della denuncia dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo.

► Cos’è e quando si usa il Modello 730 integrativo

A chi deve essere presentato il Modello 730 integrativo

Il Modello 730 integrativo deve essere presentato ad un Caf o ad un professionista abilitato. Nel caso in cui venga presentato allo stesso Caf o professionista al quale era stato già consegnato il primo modello, il contribuente dovrà esibire solo la documentazione relativa alle correzioni da effettuare, mentre, se si sceglie di presentare ad altro Caf o professionista, è necessario produrre tutta la documentazione necessaria.

Cos’è e quando si usa il Modello 730 integrativo

 Qualche giorno fa sono scaduti i termini utili per la presentazione del Modello 730 2013, valido per la dichiarazione dei redditi percepiti nell’anno d’imposta 2012. La compilazione del Modello 730 non è sempre agevole e, inoltre, può succedere che anche questa venga fatta da un professionista vi siano degli errori, che possono essere presenti nella compilazione o nel calcolo.

Ma non tutto è perduto. Infatti, se il contribuente si rende conto che qualcosa non è stato dichiarato nel modo giusto, può ricorrere al Modello 730 integrativo, con il quale è possibile correggere quanto precedentemente dichiarato e non incorrere, così, in sanzioni o ammende da parte del Fisco.

Quando si può usare il Modello 730 integrativo?

Il Modello 730 integrativo si usa in due casi: per errore nei dati identificativi del sostituto d’imposta o per errori nella indicazione di oneri deducibili e detraibili.

Modello 730 integrativo per errori nei dati del sostituto d’imposta

Se il Modello 730 presentato per la dichiarazione dei redditi presenta degli errori, delle incongruenze o non ha riportato in modo completo i dati identificativi del sostituto d’imposta – quelli riportati sul frontespizio – si dovrà presentare il Modello 730 integrativo con l’indicazione del ‘codice 2’ e la dichiarazione deve essere corretta solo per i dati relativi al sostituto d’imposta, rimanendo uguale per tutte le altre sezioni.

Una volta presentato il Modello 730 integrativo, spetta al sostituto d’imposta effettuare i relativi conguagli partendo dalle retribuzioni del mese di luglio.

► Quando e a chi si deve presentare il modello 730 integrativo

Modello 730 integrativo per mancata indicazione di deduzioni e detrazioni

Se nel 730 presentato per la dichiarazione dei redditi sono state omesse indicazioni riguardanti la determinazione dell’imposta relativa alla dichiarazione stessa, il contribuente deve presentare il Modello 730 integrativo sul quale sarà indicato il ‘codice 3’.

La mancata indicazione di queste informazioni deve essere corretta sia che comporti un maggior rimborso, un minor debito o non influisca sulla determinazione dell’imposta.

La modifica delle informazioni riguardanti eventuali rimborsi e debiti deve essere fatta dallo stesso soggetto che ha prestato assistenza nella compilazione della dichiarazione dei redditi originaria.

Il conguaglio sulla retribuzione derivante dal nuovo calcolo dell’ammontare dell’imposta, sia in debito che in credito, deve essere effettuata dal sostituto d’imposta a partire dalla retribuzione relativa al mese di dicembre.

Se la nuova imposizione genera un debito a carico del contribuente, il sostituto d’imposta deve applicare un interesse mensile dello 0,4% a partire dalla retribuzione di agosto.

 

Anche i manager possono essere licenziati

 Il licenziamento per giusta causa è una sanzione disciplinare che può essere utilizzata anche nei confronti di chi, all’interno dell’azienda, ricopre posizioni manageriali. Secondo la Corte di Cassazione, che si è espressa sull’argomento in due casi, i manager sono soggetti alle stesse regole degli altri dipendenti e, quindi, sono passibili di licenziamento.

La sentenza della Suprema Corte n. 20856/2012, prevede che i manager possono essere licenziati in caso di riorganizzazione aziendale anche se l’azienda non è in crisi.

► Cos’è il licenziamento per giusta causa?

I presupposti di legittimità del licenziamento, nel caso di specie, sono, appunto, una diversa gestione dell’organico aziendale che sopprime la posizione apicale affidando ad altri le mansioni svolte. Se il licenziamento non è discriminatorio, ma solo frutto della riorganizzazione, è legittimo.

Un manager può essere licenziato anche se si rifiuta un trasferimento. Il caso che ha portato la Corte di Cassazione alla sentenza 4797/2012 è stato quello di un manager di banca che ha rifiutato il trasferimento perché, secondo lui, era un atto ritorsivo.

La Corte di Cassazione, invece, ritenendo il trasferimento la conseguenza della riorganizzazione aziendale, ha dato ragione all’Istituto bancario. A nulla sono valse poi le motivazioni adducibili al ruolo svolto dal manager all’interno della banca, in quanto la disciplina limitativa del potere di licenziamento non si applica ai dirigenti convenzionali.

I motivi del licenziamento per giusta causa

Rallentamento del lavoro

Infedeltà all’azienda e scarso rendimento

Mancata comunicazione delle assenze e falsi certificati

Irreperibilità e cumulo di impieghi

Rifiuto del trasferimento

Outsourcing e ridimensionamento

Comportamenti scorretti nei confronti del datore di lavoro

Eccessi nella condotta professionale e privata

Uso improprio del telefono privato e aziendale

Altri motivi di licenziamento per giusta causa

I motivi del licenziamento per giusta causa: eccessi nella condotta privata e professionale

 Licenziamento per giusta causa: condotta privata

Il modo di agire della nostra vita privata può ripercuotersi negativamente anche nella vita professionale. Anche se le due sfere rimangono distinte e separate, ci sono casi in cui le due sfere vengono in contatto tra di loro. È il caso di un dipendente di banca licenziato dopo che è stato trovato, durante un controllo delle forze dell’ordine, in possesso di hashish.

La Corte di Cassazione, ribaltando il giudizio espresso in secondo grado, ha ritenuto, con la sentenza n. 6498/2012, che anche il possesso e il consumo per uso personale di droghe leggere è un motivo di licenziamento per giusta causa.

Licenziamento per giusta causa: comportamenti verbalmente e fisicamente violente nei confronti dei colleghi

Le incomprensioni sul posto di lavoro esistono, ma in caso di discussione, per quanto accesa, è meglio evitare di usare parole pesanti o di passare alle mani.

Un insulto offensivo rivolto ad un collega, secondo la sentenza n. 4067/2008 della Cassazione, è un atto di offesa anche nei confronti del datore di lavoro che ha l’obbligo di vigilare e tutelare la personale integrità di tutti i suoi dipendenti e, quindi, può decidere di licenziare il lavoratore che la mette a repentaglio.

Se non ci sono insulti, ma il litigio sfocia in una aggressione fisica, anche se non atta alla lesione personale, secondo la sentenza n. 7383/2010 della Corte di Cassazione, esistono tutti i presupposti per il licenziamento per giusta causa del lavoratore violento.

I motivi del licenziamento per giusta causa

Rallentamento del lavoro

Infedeltà all’azienda e scarso rendimento

Mancata comunicazione delle assenze e falsi certificati

Irreperibilità e cumulo di impieghi

Rifiuto del trasferimento

Outsourcing e ridimensionamento

Comportamenti scorretti nei confronti del datore di lavoro

Eccessi nella condotta professionale e privata

Uso improprio del telefono privato e aziendale

Altri motivi di licenziamento per giusta causa

I motivi del licenziamento per giusta causa: uso improprio del telefono privato e aziendale

 Licenziamento per giusta causa: uso del telefono privato durante le ore di lavoro

Quando si è nel posto di lavoro quello che si deve fare è lavorare. Le distrazioni, di qualunque natura, non sono ammesse, tanto meno se la causa di questa mancanza di attenzione è il telefono.

E, a maggior ragione, l’uso del telefono privato durante le ore di lavoro diviene più grave se il posto di lavoro è un presidio ospedaliero. Lo sentenzia la Corte di Cassazione (sentenza 5371/2012) che ha avallato il licenziamento di un addetto alla sorveglianza in un ospedale perché sorpreso al telefono.

Le ragioni della conversazione erano private, non professionali, e il fatto che il compito del vigilante è quello di prestare attenzione a ciò che succede, il fatto di stare al telefono indica che il lavoratore non stava svolgendo il suo lavoro come previsto e rende l’azienda legittimata al licenziamento per giusta causa.

Licenziamento per giusta causa: uso del telefono aziendale per motivi personali

Tutti gli strumenti che sono messi a disposizione del datore di lavoro devono essere utilizzati esclusivamente a fini lavorativi.

Lo dice la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5371/2012 con la quale ha legittimato il licenziamento di un dipendente vigilante di un ospedale che, durante lo svolgimento del lavoro, ha usato il telefono aziendale per telefonate private.

Nonostante le proteste del dipendente che si è appellato alla Corte forte del fatto che il datore di lavoro aveva scoperto la sua condotta controllando i tabulati telefonici (fattispecie del controllo a distanza). Ma la Suprema Corte ha reso effettivo il licenziamento in quanto non vige, nello Statuto dei Lavoratori, il divieto per il datore di prendere visione delle risultanze di registrazioni operate fuori dall’azienda o da tabulati telefonici per provare un illecito di un lavoratore.

I motivi del licenziamento per giusta causa

Rallentamento del lavoro

Infedeltà all’azienda e scarso rendimento

Mancata comunicazione delle assenze e falsi certificati

Irreperibilità e cumulo di impieghi

Rifiuto del trasferimento

Outsourcing e ridimensionamento

Comportamenti scorretti nei confronti del datore di lavoro

Eccessi nella condotta professionale e privata

Uso improprio del telefono privato e aziendale

Altri motivi di licenziamento per giusta causa

Altri motivi di licenziamento per giusta causa

 Licenziamento per giusta causa: richiesta di rimborsi per trasferte non effettuate

I rimborsi si possono richiedere solo in caso di trasferte, o di spese, effettuate realmente e comprovabili.

Lo afferma la sentenza n. 7096/ 2012 della Corte di Cassazione che ha legittimato il licenziamento di un dipendente perché ha fatto richiesta al datore di lavoro di essere rimborsato per trasferte non effettuate. Un comportamento del genere mina la fiducia tra le due parti in quanto viene messa in discussione dal dipendente la correttezza dell’azienda nell’adempimento dei suoi obblighi.

Licenziamento per giusta causa: dipendente che timbra cartellini altrui

Non ci sarebbe stato neanche bisogno di una sentenza per rendere legittimo il licenziamento di un dipendente che timbra il cartellino di un collega. Accettare di fare la ‘cortesia’ al collega, secondo la sentenza 24796/2010 della Corte di Cassazione, vuol dire minare alla base il necessario rapporto di fiducia tra le parti.

Licenziamento per giusta causa: prolungamento delle assenze per inadempienze dell’azienda

Anche se il datore di lavoro non è in regola con i pagamenti dello stipendio, l’assenza prolungata del dipendente non può essere giustificata ed è passibile di licenziamento per giusta causa.

Il discrimine, in questo caso, è il confronto tra le due inadempienze. Nel caso specifico, che ha portato la corte di Cassazione alla sentenza n. 14905/2012, una donna si è rifiutata di tornare al suo posto di lavoro dopo la fine del periodo di maternità appellandosi al fatto che l’azienda non aveva ancora corrisposto l’ultima mensilità spettante.

La donna è rimasta assente dal lavoro per 40 giorni. Un periodo troppo lungo, secondo la Cassazione, per poter essere giustificato con una sola mensilità non pagata.

I motivi del licenziamento per giusta causa

Rallentamento del lavoro

Infedeltà all’azienda e scarso rendimento

Mancata comunicazione delle assenze e falsi certificati

Irreperibilità e cumulo di impieghi

Rifiuto del trasferimento

Outsourcing e ridimensionamento

Comportamenti scorretti nei confronti del datore di lavoro

Eccessi nella condotta professionale e privata

Uso improprio del telefono privato e aziendale

Altri motivi di licenziamento per giusta causa

In Europa precipita il mercato dell’ auto

 Continua anche nel mese di giugno a livello europeo l’ agonia del settore delle automobili, che ha fatto registrare un ulteriore calo del 6,3% nelle vendite. I dati pubblicati dall’ Acea parlano infatti di sole 1.175.363 vetture vendute nel mese di giugno 2013 rispetto alle 1.254.022 del 2012.

Ministri dell’ economia e del lavoro a Mosca in vista del G20

 I big del mondo tornano a parlare di economia e di lavoro in previsione del G20, che si terrà nel mese di settembre. E lo fanno a Mosca, dove in questi giorni sono in programma una serie di incontri cui prenderanno parte i Ministri dell’ economia e del lavoro di tutte le principali potenze del mondo.