Alitalia ancora in crisi cerca 300 milioni di euro

 Alitalia è la nostra compagnia di bandiera ma si sa che nonostante gli sforzi del governo e della famosa cordata di investitori, i suoi bilanci sono sempre sotto pressione. Stavolta il presidente di Alitalia, Roberto Colaninno, non usa mezzi termini per descrivere la situazione dell’azienda che inizia a temere anche per la stabilità del titolo in borsa.

Alitalia in subbuglio per le Mille Miglia

Roberto Colaninno spiega ad azionisti e investitori di Alitalia che quest’anno, quindi nel 2013, ci sarà sicuramente una perdita e sarà per questo necessario approdare ad un nuovo piano d’investimenti, un piano molto pragmatico e finanziariamente semplice che consenta di riportare l’equilibrio nei bilanci.

Easyjet sfida Alitalia sulla tratta Milano-Roma

Se questa riorganizzazione dovesse essere immediatamente quantificata, diremmo che servono alla compagnia aerea tricolore circa 300 milioni di euro entro la fine dell’anno. Questa ricerca forsennata di finanziamenti nasce dall’idea che per il momento Alitalia non è in vendita e non c’è nessuna intenzione di mettere i velivoli tricolore sul mercato. In futuro, però, quando le finanze saranno risanate, non si esclude che Alitalia sia rimessa sul mercato.

Per il momento bisogna fare i conti con una situazione economica drammatica. Anche nel 2013, infatti, l’azienda perderà denaro. C’è bisogno di dare una svolta ed è tutta nelle mente di Colaninno che resta con i piedi per terra e dichiara che prima del 2016 non si giungerà ad un risanamento definitivo.

Il golpe egiziano manda nel panico le borse

 Sulle borse di tutto il mondo è calato il gelo dopo la notizia del golpe militare il Egitto. Il Medio Oriente, da sempre un territorio ad elevata instabilità politica, sta per trasformarsi anche in un detonatore finanziario. Il petrolio, infatti, legato al business anche egiziano, accusa il colpo e vola in alto.

La guerra portoghese contro l’austerity

Le tensioni politiche, anche in Medio Oriente, in Egitto nello specifico, si trasformano in tensione finanziaria e così il golpe dei militari contro il presidente Morsi, impensieriscono gli investitori come anche quella benzina gettata sul fuoco della crisi da Atene e da Lisbona.

L’economista greco Varoufakis sulla crisi

Insomma le borse tremano per via dell’incremento del prezzo del petrolio che vola verso quota 100 dollari al barile. Una cifra praticamente mai raggiunta da settembre dell’anno scorso. La primavera araba sembra già un’eco lontano. E non basta.

L’Europa, dal punto di vista finanziario, è stata messa a ferro e fuoco. In Portogallo, per esempio, il governo ha deciso di procedere con il rimpasto dopo che una buona parte dell’esecutivo in carica, ha fatto un passo indietro sull’austerity. Le richieste che arrivano da Bruxelles, adesso, non sono più così ben accolte.

Un discorso analogo va fatto per Atene messa alle strette sempre dall’Europa. Le borse, intanto, perdono terreno e Piazza Affari, solo per citare il mercato più vicino, chiude le contrattazioni con il -0,50%.

Mediaset cresce e pensa alla paytv

 Lo scandalo Ruby che ha coinvolto soltanto Silvio Berlusconi sembra aver impensierito pochissimo coloro che hanno investito denaro nell’azienda di famiglia. Insomma, Mediaset non è in pericolo per via di quello che succede nelle varie aule di tribunale all’ex premier.

Anche Mediaset corre in borsa

Il vice presidente della società, Pier Silvio Berlusconi, infatti, durante la presentazione dei palinsesti, spiega che adesso è sempre più difficile per chi si occupa di televisione, chiudere i bilanci in positivo, però Mediaset è stata graziata dalla crisi.

In realtà sulle finanze dell’azienda milanese sembra aver influito moltissimo il governo di larghe intese. Il mercato della pubblicità, infatti, si è ripreso ed ha visto investitori pubblicitari più tranquilli e disposti all’effluvio di denaro. Mediaset è così cresciuta e per la prima volta da due anni a questa parte, a luglio torna in terreno positivo la raccolta pubblicitaria.

Cosa ha deciso l’UE per il nostro paese

Anzi, si avrà anche una raccolta superiore alle attese del 3 per cento. Fino alla fine dell’anno, però, non si può certo dire che sarà facile. Chiudere in rosso è quasi automatico. Le condizioni dell’azienda e del comparto pubblicitario, possono sicuramente migliorare, visto l’impegno profuso da chi lavora nel settore. L’unico neo è il mercato dell’advertising in generale che attraversa un momento molto critico.

L’aumento della raccolta pubblicitaria di luglio ha convinto i Berlusconi che l’azienda è pronta per nuove avventure. La prima potrebbe essere una sfida della paytv.

I nuovi costi della telefonia in Europa

 Se c’è crisi e soprattutto se la crisi dura a lungo, il primo pensiero dei cittadini è risparmiare il più possibile su ogni spesa della vita quotidiana. Moltissime ricerche sui consumi dimostrano che gli italiani sono disposti a scendere a patti sugli acquisti alimentari, sono disposti a rinunciare all’abbigliamento all’ultima moda ma vogliono restare sempre in contatto con i loro amici.

Il roaming non sarà più a pagamento

Per questo, a livello informativo ed economico, è interessante sapere che il costo delle chiamate tramite cellulare, anche all’estero, è diminuito sensibilmente per via dell’entrata in vigore della nuova normativa sul roaming. Dall’inizio di luglio, per chiamare in Europa si spenderà meno che in passato e poi ci saranno ulteriori tassi delle tariffe negli anni a venire.

Nokia fa affari con Siemens

Navigare e telefonare con il cellulare all’estero e nella maggior parte del territorio europeo, costa meno grazie ad un accordo dei gestori delle reti di telefonia che hanno deciso di aiutarsi vicendevolmente consentendo l’appoggio degli operatori stranieri sulla rete locale.

A livello europeo sono stati stabiliti i limiti massimi del costo di una chiamata fatta all’estero che non deve superare i 24 centesimi di euro al minuto. Il limite precedente era a 29 centesimi. Tra un anno si arriverà alla soglia dei 19 centesimi.

Per gli sms, invece, il costo sarà di 8 centesimi al massimo.

In crisi tutta l’industria degli elettrodomestici

 Il mondo industriale è in crisi su scala planetaria e in questo momento si sente parlare con sempre maggiore urgenza della crisi delle industrie di elettrodomestici. In fondo, per avere un caso emblematico di fronte agli occhi, non dobbiamo nemmeno andare troppo lontano.

Possiamo infatti parlare di Indesit che ultimamente ha deciso di rinnovare l’azienda e per farlo ha pensato di usare una strategia molto comune a chi è sempre in cerca di risparmio: delocalizzare la produzione. Le aziende che attraversano un momento difficile, infatti, cercano delle nuove location per la produzione, magari all’estero laddove la manodopera ha un costo minore che in Italia.

A parlarne in modo approfondito ci ha pensato Dario Di Vico del Corriere della Sera che piuttosto che parlare della Indesit affronta il problema della crisi del settore degli elettrodomestici in tutta Europa. Sembra infatti che molti stiano migrando verso la Polonia, dove la manodopera si sta specializzando nella realizzazione di frigoriferi e lavatrici.

Il colpo proibito all’ottimismo tricolore

L’unica via d’uscita in una situazione del genere è inventare qualcosa di nuovo. In questi casi il punto di riferimento è sempre Adriano Olivetti che subodorando la crisi del settore delle macchine da scrivere, riconvertì la produzione scegliendo la via fortunata dei computer.

Chi investe nelle opzioni binarie, per avere ragione, deve individuare l’azienda in grado di lasciare la via vecchia per la nuova.

Befera annuncia le semplificazioni

 Attilio Befera, presidente dell’Agenzia delle Entrate, annuncia l’arrivo di una lenzuolata di semplificazioni che dovrebbero alleggerire e rendere più sereno il rapporto dei contribuenti con il fisco, parallelamente all’intensificarsi della lotta contro l’evasione fiscale. Le semplificazioni di cui parla Befera sono volte ad eliminare gli elementi più burocratici che regolano il rapporto tra i contribuenti, le imprese e l’Erario.

Letta parla al Financial Times

Non si tratta soltanto di una dichiarazione d’intenti ma di una vera svolta operativa visto che nel mirino del piano Befera ci sono già 108 adempimenti fiscali che dopo una ricognizione tecnica possono tranquillamente essere archiviati come obsoleti. Il che vuol dire che il fisco vuole presentarsi al pubblico come un amico.

Cos’è il bonus mobilità per gli studenti

La semplificazione riguarderà principalmente e in via prioritaria 4 ambiti: gli studi di settore, tutte le informazioni che sono chieste ai contribuenti tramite i modelli dichiarativi, le comunicazioni anti evasione e antielusione e poi i servizi online tra cui rientrano Vies, Civis e i pagamenti con delega F24.

Facciamo un esempio pratico per capire come andranno ad impattare le semplificazioni sulla vita delle imprese e dei cittadini. Le imprese che sono in fallimento non dovranno più compilare il modello per i dati sugli studi di settore. Per quanto riguarda la tassa di successione, dovrà essere presentata la dichiarazione soltanto se l’attivo supera i 75 mila euro.

 

La Finlandia vuole uscire dall’euro

 La Finlandia ha deciso di mettere fine alla rincorsa della moneta unica e assecondando quello spirito antieuropeo che imperversa nel Vecchio Continente, ha deciso di abbandonare agli altri Stati membri lo spazio dell’Eurozona. Quindi, attualmente, troviamo da un lato i paesi come la Lettonia che non vedono l’ora di svecchiare la loro immagine nel mercato internazionale adottando l’euro anche con delle ricadute economiche pesanti per la popolazione ed altri paesi che invece, a ben pensarci, dell’euro non sanno che farsene.

Perché per la Lettonia l’euro è un bene

La Finlandia è ad un passo dall’abbandono dell’euro e molti analisti hanno iniziato a chiedersi cosa potrebbe succedere un domani se molti paesi forti dell’UE prendessero la stessa iniziativa. La Finlandia è sulla bocca di tutti ma non è escluso che anche la Germania prenda la stessa strada esasperata dal ruolo esoso di prima della classe.

A parlare della condizione tedesca ci ha pensato anche lo chief economist della Deutsche Bank che, come molti altri personaggi del mondo della finanza teutonica, sono preoccupati per la situazione economica dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Il riferimento è sicuramente alla Spagna, all’Italia e alla Grecia.

L’austerity blocca il PIL americano

L’obiettivo della Finlandia e della Germania è quello di avere sempre una moneta forte per gestire il business internazionale e quindi, qualora la crisi continuasse a dilagare, ritengono sia meglio affidare l’euro ai paesi di “serie B” che ne decreteranno la fine.