Guida all’addizionale erariale sulle tasse dell’automobile

 In base all’Articolo 23 del Decreto Legge erogato il 6 luglio del 2011, i proprietari di automobili, motovetture adibite al trasporto promiscuo di persone e cose con potenza superiore a una determinata soglia, dovranno contribuire con una quota supplementare in contemporanea con la tassa sul mezzo. In sostanza, questa somma ammonta a dieci euro calcolati su ogni singolo kilowatt di potenza che superi i 225 Kw e venti euro se oltrepassa invece i 185 Kw ma l’immatricolazione è avvenuta dopo l’anno 2012.

Addizionale: chi deve versarlo?

Soltanto i proprietari del mezzo. Il superbollo tuttavia concerne anche chi gode dell’autoveicolo, inclusi gli usufruttuari. Nel contempo, sono incusi nel regime fiscale gli utilizzatori a titolo di locazioni finanziarie. Se l’automobile o il motoveicolo è esente dal pagamento del bollo ordinario previsto dalla motorizzazione, non si dovrà versare nessuna tassa aggiuntiva. È il caso tipico delle vetture d’epoca e di quelle usate a scopo folkroristico e fieristico.

Al fine di versare l’addizionale erariale sulla tassa automobilistica, bisogna recarsi presso l’Agenzia delle Entrate in zona e richiedere un modello denominato F24. Bisogna compilarlo con i propri dati anagrafici e le caratteristiche tecniche dell’auto in questione.

Successivamente, è necessario contrassegnare tale modulo con la sigla apposita 3364, che va sotto il nome di “elementi identificativi”. In base alle nuove disposizioni in vigore dall’anno 2012, bisognerà erogare una somma di dieci euro ogni chilowatt di potenza superiore ai 225 Kw. Bisogna quindi accertarsi prima molto bene sul livello di prestazioni che possiede il mezzo.

Per quanto concerne le scadenze, bisogna tenere presente che se l’immatricolazione è avvenuta entro il 6 luglio del 2011, il termine ultimo è fissato per il 10 novembre dell’anno corrente, mentre se è stato registrato in una data che intercorre tra il 7 luglio e il 31 dicembre del suddetto anno, sarà possibile pagare la tassa supplementare entro e non oltre il 31 gennaio dell’anno successivo.

 

Come ottenere gli incentivi statali per l’acquisto di elettrodomestici

E’ stato erogato quest’anno un Fondo per usufruire degli incentivi sull’acquisto degli elettrodomestici. Un’ottima notizia per un’industria che sta vivendo un periodo di profonda crisi per quanto concerne la domanda.
L’ industria italiana in questo campo viene purtroppo messa a dura prova dalla concorrenza di fabbriche di nazionalità coreana e turca. L’incentivo consiste nella possibilità di applicare una precisa detrazione sulla cifra dovuta all’IRPEF.

Come è possibile ottenere i fondi? E’ necessario presentare una documentazione adeguata, al fine di godere della detrazione. Quando la legge lo prevede, il contribuente deve conservare la fattura oppure lo scontrino fiscale con i dati dell’acquirente e la classe energetica dell’elettrodomestico acquistato, la quale non deve essere non inferiore ad “A+”.

La spesa effettuata, dunque, potrà essere riconosciuta anche quando essa contempla costi di trasporto del nuovo elemento e di smaltimento del vecchio. Tale procedura, tuttavia, deve essere documentata mediante un’autodichiarazione:

sarà necessario precisare la tipologia dell’apparecchio sostituito, descrivere le modalità adottate per lo smaltimento e specificare il nominativo del soggetto o della ditta che ha avuto l’incarico di dismettere il materiale non più in uso.

Generalmente, qualora durante lo stesso anno dovranno essere sostituiti altri elettrodomestici, si potrà nuovamente usufruire della detrazione prevista provvedendo a compilare un nuovo modulo. Esso deve essere conservato per consentire che eventuali controlli eseguiti dall’Agenzia delle Entrate in merito alla dichiarazione dei redditi, possano verificare la validità di quanto richiesto.

Che cosa è un permesso retribuito

 A volte può capitare, per una serie di motivi e di esigenze personali, di avere necessità di chiedere un permesso dal lavoro.

In questi casi è allora utile sapere che ogni lavoratore ha diritto a chiedere una sospensione dell’ attività lavorativa qualora si abbia importanti  e comprovate esigenze personali. 

Le principali forme di manifestazione del mobbing

 Essere vittima di mobbing può portare a delle conseguenze anche molto gravi per il lavoratore che, trovandosi vittima di comportamenti vessatori da parte di colleghi o dello stesso datore di lavoro, possono sfociare in depressione e, come dimostrano alcuni casi avvenuti recentemente, anche nel suicidio.

► Cos’è il mobbing?

In questo ultimo caso si tratta di situazioni estreme, ma è comunque importante saper riconoscere il mobbing fin dal suo primo manifestarsi in modo da poter tutelare il proprio posto di lavoro e se stessi come previsto dalla legge italiana.

Il mobbing può assumere diverse forme e non tutte sono facili da riconoscere, ma la Corte di Cassazione ne ha individuate 13. Eccole.

Le forme di mobbing più diffuse 

Pressioni o molestie psicologiche

Calunnie sistematiche

Maltrattamenti verbali e offese personali

Minacce o atteggiamenti miranti ad intimorire ingiustamente od avvilire, anche in forma velata e indiretta

Critiche immotivate e atteggiamenti ostili

Delegittimazione dell’immagine, anche di fronte a colleghi e a soggetti estranei all’ambiente di lavoro

Esclusione  od immotivata marginalizzazione dall’attività lavorativa

– Attribuzione di compiti dequalificanti in relazione al profilo professionale

Impedimento sistematico ed immotivato all’accesso a notizie ed informazioni inerenti all’attività lavorativa

► Le cause e conseguenze del mobbing

Marginalizzazione immotivata del lavoratore da attività formative, qualificanti o di aggiornamento

– Esercizio esasperato di forme di controllo sull’operato atte a produrre disagio

Atti vessatori correlati alla sfera privata del lavoratore

– Attribuzione di compiti esorbitanti od eccessivi

 

Le cause e conseguenze del mobbing

 Il mobbing è una condizione sempre più diffusa in Italia, ma non sempre i lavoratori che ne sono vittime riconoscono questa forma di vessazione nei loro confronti come tale e, quindi, non mettono in atto le giuste strategie per difendersi.

► Cos’è il mobbing?

Le principali cause di mobbing, che può essere messo in atto sia dal datore di lavoro, che da un superiore che, ancora, dai colleghi stessi, sono delle forme di gelosia nei confronti del lavoratore che portano alla manifestazione di comportamenti vessatori nei suoi confronti con il chiaro intento di eliminare il lavoratore dalla realtà aziendale tramite il suo licenziamento.

Nella maggior parte dei casi il mobbing viene messo in atto come forma, ovviamente non sana, di competizione, che si dovrebbe risolvere, nelle intenzioni di chi la mette in pratica, con il licenziamento del lavoratore da parte del datore di lavoro o con le dimissioni spontanee del lavoratore.

Ma sul lavoratore il mobbing può avere delle conseguenze diverse come la comparsa di problemi psichici o di disturbi psicosomatici che possono sfociare nella depressione e, nei casi più gravi, nel suicidio del l lavoratore vittima di mobbing.

► Le principali forme di manifestazione del mobbing

Solitamente i lavoratori maggiormente soggetti al mobbing appartengono a due categorie molto distanti tra di loro: da un lato ci sono i nuovi assunti, in modo particolare se sono in una condizione di precariato, e, dall’altro, i lavoratori più dotati o quelli che godono di una ottima reputazione nei confronti dei datori di lavoro.

Cos’è il mobbing?

 I lavoratori sono sempre più spesso vittime di mobbing sul lavoro, ma non sempre sono consapevoli di quanto sta accadendo intorno a loro o, peggio, non denunciano il fatto in quanto temono che la loro reazione possa portarli a perdere il lavoro.

Ma il mobbing non deve assolutamente essere tollerato per questi motivi perché il suo perdurare può portare anche a danni gravi e irreversibili per la salute psico-fisica del lavoratore.

► Le cause e conseguenze del mobbing

Ma come si fa a riconoscere ed identificare il mobbing?

Secondo la sentenza n. 528 del 31 marzo 2011 del TAR Puglia Bari Sezione I, per poter parlare di mobbing è necessario che si verifichino queste condizioni:

1. molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o leciti quando considerati singolarmente, posti in essere con intento vessatorio e in modo sistematico nei confronti del dipendente;

2. tali comportamenti devono essere lesivi della salute o della personalità del dipendente;

3. deve sussistere un nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore;

4. l’intento persecutorio deve avere carattere di oggettività.

► Le principali forme di manifestazione del mobbing

In merito a questa sentenza, la Corte di Cassazione civile (Sez. lav. n. 3785 del 17 febbraio 2009) ha precisato che si può parlare di mobbing quando

la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio psichico e del complesso della sua personalità.

Le otto professioni dove trovare lavoro

 In Italia in lavoro non c’è ma questo non vale per tutte le professioni. Almeno stando a quanto emerso durante il Festival del Lavoro 2013 di Fiuggi dall’indagine elaborata dalla Fondazione studi consulenti del lavoro, secondo la quale ci sono 150 mila posti di lavoro disponibili in Italia.

► Lavoro estivo: le professioni più ricercate

Sono tutte professioni che i giovani non vogliono più fare o dei quali non conoscono l’esistenza in quanto la scuola e la formazione battono sempre le stesse strade contribuendo a formare un esercito di disoccupati. Ma il lavoro in Italia c’è, basta guardare nella giusta direzione per trovarlo.

Secondo la Fondazione studi consulenti del lavoro il primo settore nel quale ci sono moltissimi posti vacanti a disposizione dei giovani è quello dei lavori manuali. Un settore che non conosce crisi, o dove la crisi si fa sentire di meno, ma che pone delle condizioni lavorative ‘dure’: un esempio sono i panettieri, che lavorano durante la notte, ma ai quali, appunto per questo, viene data una giusta retribuzione.

In questo settore sarebbero disponibili fino a 1.040 posti vacanti. Stesso discorso vale per il falegname.

In Italia sembra che ci sia anche una forte mancanza di infermieri specializzati (lo scorso anno ne sono stati richiesti ben 22 mila, la maggior parte delle richieste, però, è rimasta senza un candidato) e di tecnici informatici.

Altro settore nel quale c’è la possibilità di trovare un’occupazione è quello degli infissi con 1.500 posti disponibili.

► I profili lavorativi più ricercati dalle agenzie per il lavoro

Inoltre, in Italia mancano all’appello persone che siano disposte a lavorare in bar e ristoranti (posizioni che spesso sono ricoperte da studenti) e a fare i pasticceri.

In conclusione, se in Italia si vuole trovare un lavoro, è necessario guardare verso le professioni che richiedono abilità manuale.

Controllo conti corrente: su cosa scatteranno i controlli

 Partirà domani 24 giugno il controllo sui conto corrente e sui depositi bancari voluto dal Governo italiano con l’Agenzia delle Entrate per poter combattere l’evasione fiscale.

Dopo un lungo periodo di rinvii, è stato messo a punto il SID, un sistema di interscambio dati che permette all’Agenzia delle Entrate di entrare in possesso dei dati anagrafici e fiscali dei cittadini senza, però, violare la loro privacy. Infatti, il SID farà tutto autonomamente e l’Agenzia delle Entrate sarà messa a conoscenza dei dati dei contribuenti che all’analisi del SID sono stati segnalati come possibili evasori fiscali.

► Controllo conti corrente: il SID cos’è e come funziona

A dover iscriversi al SID per essere in regola con la legislazione saranno tutti gli operatori finanziari, le banche, le SGR e le SIM, che da domani, e fino al 31 ottobre 2011, provvederanno alla trasmissione dei dati relativi all’anno 2011.

Alla scadenza si procederà con i dati relativi al 2012. Per questi dati la scadenza fissata per il completamento delle operazioni è il 31 marzo 2014.

Le banche e i vari istituti che dovranno iscriversi al SID devono inviare, tramite questo sistema, i dati anagrafici dei correntisti e degli iscritti alle varie gestioni, quindi, ad essere inviati saranno il nome e il cognome dei cittadini e il relativo codice fiscale.

A finire sotto la lente d’ingrandimento del SID saranno: conti correnti; depositi di titoli azionari; gestioni patrimoniali; carte di credito; operazioni sul mercato dei metalli preziosi e cassette di sicurezza.

 

Controllo conti corrente: il SID cos’è e come funziona

 Dopo mesi di continui rinvii, da domani 24 giugno i nostri conti corrente saranno messi sotto la lente d’ingrandimento dell’Agenzia delle Entrate, grazie alla collaborazione delle banche che operano sul nostro paese.

Si tratta di un altro passo che il Governo ha fatto per combattere l’evasione fiscale che ogni anno ‘ruba’ all’economia italiana quasi 200 miliardi di euro, costringendo chi paga puntualmente le tasse a dover sottostare ad una pressione fiscale molto alta e  ad avere, di contro, dei servizi di livello piuttosto basso.

Il controllo dei conto corrente è stato rimandato tanto a lungo soprattutto per volere del Garante della Privacy che, a ragione, ha chiesto al Governo che fosse messo a punto uno strumento efficace nel controllo ma, allo stesso tempo, che non fosse una violazione della privacy dei cittadini.

► Controllo conti corrente: su cosa scatteranno i controlli

A questo scopo il governo, sotto il monitoraggio del Garante stesso, ha messo a punto il sistema SID (Sistema interscambio dati) un sistema che permette lo scambio dei dati tra le banche italiane e l’Agenzia delle Entrate senza che vi sia l’intervento di un operatore ‘umano’.

Con questa applicazione né le banche né l’Agenzia delle Entrate entrerà in contatto con i dati sensibili dei cittadini – la trasmissione dei dati da parte delle banche avviene semplicemente avviando la procedura e gli stessi dati viaggeranno su anali protetti e non accessibili – se non nel momento in cui il sistema stesso rileva delle incongruenze.

Bonus ristrutturazioni: mobili che rientrano nelle detrazioni

 Il decreto legge n. 63 del 4 giugno 2013 prevede il bonus mobili, ossia la possibilità di usufruire fino al 31 dicembre dell’anno in corso di detrazioni e sconti per chi acquista mobili e arredi . le detrazioni e gli sconti arrivano anche fino al 50% dell’importo che si spende per questi acquisti, se rimangono entro il limite massimo dei 10.000 euro.

Queste sono le linee principali della pare del decreto che è stata riservata ai bonus per i mobili, decreto che il 4 agosto 2013 sarà convertito in legge. Ma, come sempre accade, i testi normativi non sempre sono di facile lettura per il cittadino. Qui si può trovare la spiegazione ad alcuni dei punti più controversi del decreto per li bonus mobili.

► Bonus ristrutturazioni: mobili che non rientrano nelle detrazioni

Su quali acquisti di mobili si ha diritto alla detrazione?

Nel testo del decreto si legge che le spese per le quali si ha diritto al bonus ristrutturazione sono quelle che sono state effettuate a partire dal 26 giugno 2012.

Non essendo presenti ulteriori specifiche su legami tra acquisti di mobili e data di inizio e fine lavori di ristrutturazione, si può dedurre che il bonus è valido per tutti gli acquisti – solo se in possesso della relativa documentazione di acquisto – fatti dal 26 giugno 2013 al 31 dicembre 2013.