Assunzioni Johnson & Johnson

 Johnson & Johnson Medical è una grandissima azienda farmaceutica americana esistente fin dal 1886 specializzata nella produzione di prodotti e dispositivi per terapie chirurgiche e farmaceutiche e nella commercializzazione di prodotti di largo consumo per il primo soccorso e l’igiene personale.

Le azienda che fanno parte del gruppo Johnson & Johnson Medical  sono 250 operanti in circa 60 paesi per un totale di 120.000 dipendenti.

Al momento la Johnson & Johnson Medical è alla ricerca di diversi profili professionali per le sue sedi italiane che si trovano nel Lazio e in Lombardia.

Le offerte di lavoro di Johnson & Johnson Medical

Marketing Product Manager Oral Care & Sanity Product, Pomezia (Santa Palomba)

Manager Regional Base Forecasting Team, Pomezia (Santa Palomba)

Stage Risorse Umane, Pratica Di Mare (Roma)

Addetto Controllo Qualità Laboratorio Chimico, Latina

Addetti Controllo Qualità Periti Chimici, Latina

Addetto Quality Assurance, Latina

Congress & Event Accountant, Pratica Di Mare (Roma)

Sales & Clinical Support Specialist, Milano

Supply Chain Project Specialist, Milano

Regulatory Affairs Specialist, Pomezia (Santa Palomba)

Stage Area Marketing

Impiegato Ufficio Gare, Pratica Di Mare (Roma)

Addetto Gestione Clienti, Pratica Di Mare (Roma)

Per maggiori informazioni sui requisiti richiesti dalla Johnson & Johnson Medical per ogni posizione aperta e per l’invio della propria candidatura consultare la pagina dedicata alle carriere del sito dell’azienda.

Perché così tanta differenza tra pressione fiscale reale e pressione fiscale ufficiale?

 Molte notizie che si sono sentite anche in questi ultimi tempi danno l’Italia come il paese nel quale si pagano più tasse al mondo. Ma qual è il motivo per cui accade? E, soprattutto, per quale motivo c’è una differenza di dieci punti percentuali tra la pressione fiscale reale e la pressione fiscale ufficiale?

► Le strategie del Governo per allentare la pressione fiscale

Per capire questa discrepanza è necessario definire le due pressioni fiscali. La pressione fiscale ufficiale è quella che si ottiene dal risultato della divisione del totale delle entrate tributarie del paese per il Pil generato.

Nel caso dell’Italia questa divisione dà come risultato che la pressione fiscale ufficiale italiana e al 45%.

Però, i dati ci dicono che la pressione fiscale reale è al 55%. La motivazione di questa discrepanza così evidente sta nei 275 miliardi di euro che ogni anno vengono sottratti al paese dalla cosiddetta economia sommersa. Quindi, sempre riferendosi alla divisione precedente, il denominatore non sarà più il Pil, ma il suo valore meno l’economia sommersa.

► Il fisco italiano è uno dei più “pesanti” d’Europa

Questo fa sì che la pressione fiscale reale – ossia l’ammontare di tasse che realmente vengono pagate dai contribuenti, quelli in regola con fisco – sia più alta di 10 punti percentuali rispetto a quella ufficiale.

 

Guida al 5 per Mille: a chi può essere destinato

 Il 5 per Mille è stato riconfermato anche per la dichiarazione dei redditi del 2013, ossia la dichiarazione relativa ai redditi percepiti nell’anno di imposta 2012.

Diversamente da quanto accaduto per le dichiarazioni dei redditi dal 2006 – anno di introduzione del 5 per Mille – in poi, quest’anno i soggetti beneficiari del terzo settore sono rimasti invariati rispetto allo scorso anno.

► 5 per Mille: cos’è come funziona

I soggetti ai quali si può destinare il 5 per Mille

Il contribuente può decidere liberamente di donare il 5 per Mille del suo gettito Irpef alle seguenti categorie di associazioni del terzo settore:

gli enti di volontariato, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, le associazioni di promozione sociale;

gli enti della ricerca scientifica e dell’università;

gli enti della ricerca sanitaria;

le attività sociali svolte dal Comune di residenza del contribuente;

le associazioni sportive dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi dal Coni;

le attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.

La lista provvisoria degli enti e delle associazioni alle quali si può destinare il 5 per Mille è stata pubblicata sul sito dell’Agenzia delle Entrate il 14 maggio 2013 per dare poi tempo alle associazioni e agli enti che hanno fatto richiesta di essere inserite negli elenchi di provvedere ad eventuali correzioni.

Elenco onlus 5 per mille 2013 aggiornato

5 per Mille: cos’è come funziona

 Se l’Otto per Mille è una contribuzione obbligatoria e al contribuente è data solo la possibilità di scegliere a chi destinarla (Stato o confessioni religiose), il 5 per Mille è invece una contribuzione volontaria del contribuente che, quindi, può decidere liberamente se aderire o meno.

► Otto per Mille: come funziona e a chi si può essere destinato

Il 5 per Mille è nata in via sperimentale nel 2006 con la possibilità per il contribuente di destinare una parte del gettito derivante dall’Irpef ad una delle seguenti categorie di enti o associazioni no profit:

– sostegno del volontariato, delle onlus, delle associazioni di promozione sociale e di altre fondazioni e associazioni riconosciute;

– finanziamento della ricerca scientifica e delle università;

– finanziamento della ricerca sanitaria.

Giuridicamente parlando, quindi, il 5 per Mille si configura come una forma di finanziamento di una attività, organizzazione o ente socialmente utile messa a disposizione del cittadino senza che per questo, però, sia previsti maggiori oneri.

In pratica il cittadino non ha nessun esborso, ma la sua donazione deriva dal gettito Irpef, quindi è come se fosse lo Stato a pagare la nostra donazione.

Proprio per questi motivi il 5 per Mille non è obbligatorio e il destinatario può essere scelto liberamente ( a differenza dell’Otto per Mille i cui ricavi sono distribuiti esclusivamente tra Stato e confessioni religiose).

► Guida al 5 per Mille: a chi può essere destinato

I soggetti ai quali può essere destinato il 5 per Mille non sempre gli stessi, anzi, dall’introduzione di questa contribuzione hanno subito dei continui cambiamenti, per questo prima di decidere a chi destinare il proprio 5 per Mille è necessario consultare il sito dell’Agenzia delle Entrate.

Otto per Mille: perché è importante scegliere

 L’Otto per Mille è una contribuzione obbligatoria che il contribuente dà, in proporzione alla quota dell’IRPEF, allo stato, alla Chiesa o alle altre confessioni religiose presenti sul territorio italiano che hanno firmato degli appositi accordi con lo Stato italiano.

È una forma di contribuzione che ultimamente sta destando parecchie polemiche, soprattutto a causa dei metodi di ripartizione dei fondi disponibili, perché, come dimostrato da più parti, ogni anno circa l’85% del gettito dell’Otto per Mille va alla Chiesa Cattolica.

Se da un lato questo può essere spiegato con la preponderanza di questa religione in Italia, dall’altro c’è anche chi sostiene che siano le regole di ripartizione a ‘favorire’ la Chiesa Cattolica rispetto alle altre religioni.

► Otto per Mille: come funziona e a chi si può essere destinato

Tra i meccanismi maggiormente contestati per la destinazione dell’Otto per Mille c’è la ripartizione del gettito che arriva da chi non ha dichiarato la destinazione in fase di dichiarazione dei redditi, che viene distribuito proporzionalmente alle preferenze di chi ha espresso la destinazione, ma, mediamente, meno del 40% dei contribuenti esprime chiaramente a chi vuole dare il suo contributo, una percentuale che non si può certo considerare rappresentativa di tutta la popolazione.

A questo si aggiunge il fatto che la maggior parte dei contribuenti crede che non effettuando nessuna scelta il suo contributo andrà allo Stato, ma non è così: non dichiarando la destinazione del suo Otto per Mille il contribuente lo sta automaticamente dando alla Chiesa Cattolica.

Terzo ed ultimo fatto: all’Otto per Mille contribuiscono anche chi è esentato dalla dichiarazione dei redditi.

Ecco perché è importante dichiarare a chi si vuole destinare il proprio Otto per Mille.

Otto per Mille: come funziona e a chi si può essere destinato

 Cos’è l’Otto per Mille e come funziona

L’Otto per Mille è una contribuzione, introdotta con l’art. 47 della legge 20 maggio 1985 n. 222, che viene calcolata in base all’IRPEF e che poi viene ripartita, in base alle dichiarazioni dei contribuenti, tra lo Stato e le diverse fedi religiose presenti sul territorio italiano.

Nella legge di riferimento per l’Otto per Mille viene anche specificato come i soggetti beneficiari di questa contribuzione devono utilizzare le risorse. L’Otto per Mille viene calcolato sulla base del gettito totale Irpef.

È consigliabile per il contribuente, in sede di presentazione della propria dichiarazione dei redditi, specificare a chi desidera destinare il proprio Otto per Mille, anche se la legge non lo obbliga a farlo. Infatti, il gettito ricavato dall’Otto per Mille la cui destinazione non è stata dichiarata viene elargito dallo Stato in base alle proporzioni delle scelte di chi ha dichiarato la destinazione.

► Otto per Mille: perché è importante scegliere

I beneficiari dell’Otto per Mille

Stato

Chiesa cattolica, in virtù dell’accordo di revisione del Concordato lateranense del 1984

Chiesa valdese, Unione delle Chiese metodiste e valdesi

Unione delle Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno

Assemblee di Dio in Italia (Pentecostali)

Unione delle comunità ebraiche italiane

Chiesa Evangelica Luterana in Italia

Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia

Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa meridionale

Chiesa Apostolica in Italia (Pentecostali)

Unione Buddista Italiana

Unione Induista Italiana

Le strategie del Governo per allentare la pressione fiscale

Senza ombra di dubbio, l’esecutivo guidato dal Premier Enrico Letta ha sin da subito inteso la pressione fiscale come un tema prioritario. Un nodo da sbrogliare nella matassa dei prossimi cinque anni di lavoro.

Messa in stand-by la prima rata dell’Imu di giugno sull’abitazione principale (C’è chi pagherà e chi non pagherà questo acconto), il Presidente del Consiglio e i suoi ministri stanno trattando tutti gli altri temi caldi giorno per giorno.

Uno di questi è senz’altro il discorso che verte sull’eventuale blocco dell’aumento dell’aliquota del 22% dell’Iva che a luglio, qualora non dovessero sorgere input governativi, dovrebbe salire al 23%.

Anche questo intervento, però, più che programmatico è dettato da un’urgenza.

Si tratta, dunque, sino ad ora di due punti atti all‘allentamento della pressione fiscale. Un rallentamento che in un simil periodo di crisi è fondamentale. Imu e Iva, infatti, rappresentano un cruccio per molte famiglie italiane e Letta e i suoi si sono messi subito di buona lena per dare una sterzata con due interventi.

Il Governo ha in mente una riforma più complessiva dell’imposizione fiscale, che poi è ciò che davvero serve.

Si tratta dunque di mettere in piedi un progetto immaginabile solo se si ragiona sul lungo periodo.

Il governo riuscirà ad inquadrarla? I dubbi sono molti.

Così, Letta e i suoi pensano ad una sorta di ‘compromesso’. Una via di mezzo. Si tratterebbe di una mini-riforma tale da incidere nello specifico sulle metodologie di contribuzione per le imposte. Una maniera per realizzare un piano meno aggressivo adatto a venire incontro alle numerose difficoltà finanziarie in cui attualmente molti nuclei familiari si dimenano.

Mini-riforma

Alcune misure potrebbero presto essere prese in considerazione. Si tratta, e si tratterà, di misure concernenti la riscossione dei tributi, che dunque andranno in particolar modo ad influenzare l’attività di Equitalia, che spesso in questi ultimi tempi è caduta nell’occhio del ciclone e al centro delle polemiche.

– In primo luogo il Governo vuole stabilire un limite al pignoramento che scatta sulla casa principale del contribuente inadempiente, quella in cui per intenderci egli abita, o, nel caso di un’azienda, sui beni funzionali all’attività.

L’idea è quella di permettere ancora il pignoramento dei beni o degli immobili per debiti superiori a 20 mila euro, ma non la loro vendita all’incanto. L’abitazione potrà insomma essere bloccata dal fisco, ma mai essere venduta all’asta dall’ente di riscossione, sia esso Equitalia o qualunque altro.

-Il governo desidera inoltre rivedere il cosiddetto principio del “solve et repete”, quello che impone al contribuente che vuole presentare un ricorso e avviare dunque un contenzioso con l’amministrazione fiscale, di versare comunque a priori un terzo del dovuto. Una prassi più volte contestate e che l’esecutivo vorrebbe abolire almeno per i contribuenti che non sono mai caduti nella rete delle contestazioni fiscali o in accuse di evasione.

– Consentire una maggiore diluizione dei pagamenti elevando i termini delle eventuali rateizzazioni è un’altra delle misure sulle quali si sta lavorando. In un periodo di crisi come questo sono diverse le famiglie che vorrebbero pagare eventuali arretrati fiscali, ma che sono impossibilitate a farlo per carenza di liquidità. L’idea dell’esecutivo è allora quella di aumentare il numero possibile di rate con cui pagare un debito, che oggi è fissato in 72, ossia in un termine temporale di sei anni. In questo contesto potrebbe essere modificata anche la norma che impone che il valore minimo di una rata sia pari a 100 euro, riducendo questo importo a valori anche più modesti.

-Dovrebbe poi essere prevista una maggiore tolleranza nei confronti dei pagamenti mancati. Oggi se si salta il versamento di due rate consecutive, si decade automaticamente dal beneficio della rateizzazione. Secondo i progetti del governo questo limite dovrebbe essere aumentato a tre, con l’aggiunta però di un limite complessivo di cinque rate eventualmente non pagate nell’arco dell’intero periodo di rateizzazione.

-Potrebbe essere rivalutata, stavolta con un occhio di favore a chi deve incassare, la norma che elimina la riscossione coatta per i crediti inferiori a 2.000 euro. Tenendo infatti presente che in questo limite ricadono tutte le multe e gran parte delle imposte comunali, attualmente i sindaci rischiano di vedersi tagliata una grossa fetta dei propri introiti. Si tratterebbe dunque di una misura di perequazione, che in definitiva andrebbe comunque a favore dei contribuenti onesti.

Riforma del catasto

Il tema è stato posto con forza qualche giorno fa dal direttore dell’Agenzia delle entrate Attilio Befera che ha definito l’attuale sistema di rendite iniquo. Un problema per il quale il governo ha subito dimostrato attenzione, anche se i tempi di una tale riforma sono stati valutati dallo stesso Befera in almeno cinque anni, uno spazio temporale fuori dalla portata dell’attuale esecutivo, che potrà dunque eventualmente solo iniziare il processo di riforma.

Equitalia

Il tanto contestato ente di riscossione dal prossimo 30 giugno abbandonerà l’attività di recupero crediti per conto dei Comuni. Solo 2.000 sindaci su 8.000 hanno però adottato contromisure adeguate. Il governo ha deciso allora di prorogare fino alle fine dell’anno l’obbligo di riscossione di Equitalia in quei Comuni ancora sprovvisti di un sistema alternativo.

Imu

Successivamente al congelamento della rata di giugno sulle prime case, rimane ancora da risolvere la questione relativa ad un’eventuale totale abolizione dell’imposta sugli immobili, almeno per quanto concerne le abitazioni principali. Per il momento il governo ha procrastinato la soluzione di questo nodo, che certamente presto tornerà d’attualità. A settembre infatti dovrebbe esserci il pagamento della seconda rata, e per allora i contribuenti dovranno sapere se pagare oppure no.

I Paesi con il miglior Better Life Index

Di questi tempi tutto, ma proprio tutto, si misura con un indicatore. A partire dal Pil, naturalmente. Il Prodotto interno lordo, però, non basta più per valutare quanto un Paese sia sano, solido e sulla via del progresso, poiché ne considera solo l’aspetto economico. Il Buthan ha pensato di integrarlo con il Fil. Tale misura, sigla di Felicità interna lorda, è un altro indicatore atto a calcolare il benessere della popolazione in virtù dell’aria e della sua eventuale qualità, della salute degli abitanti, del livello di istruzione e della quantità di rapporti sociali.

In Francia si parla di Bli, inteso come Benessere interno lordo, mentre in Inghilterra è stato introdotto il Gwb (General Wellbeing). Due elementi tali da fungere ancora una volta come integraxione del suddetto Prodotto interno lordo, così da offrire una visione globale dello stato di salute di un Paese.

Per ‘tagliare la testa al toro’, L‘Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha introdotto il Better Life Index: traduciamolo con “Indice di vita migliore” e consideriamolo come la nuova misura per valutare una Nazione. Come alla luce di 24 indicatori suddivisi in 11 diverse categorie:

abitazione;

– reddito;

– lavoro;

– partecipazione civile;

– istruzione;

– ambiente;

– amministrazione;

– salute;

– soddisfazione personale;

– sicurezza ed equilibrio tra lavoro e privato.

L‘Ocse, con questo indicatore, vuole aiutare i cittadini a ricercare in virtù di preferenze personali qual è il Paese in cui si vive meglio.

Ne viene fuori che le statistiche del Better Life Index non sono poi così distanti da quelle che si basano sul Pil.

In altri termini, i Paesi in cui si sta meglio sono a conti fatti sempre Stati Uniti, Canada, Svezia, Australia e Svizzera.

I Paesi in cui si sta peggio, a loro volta, rimangono invariati e sono sempre Messico, Turchia, Brasile, Portogallo.

Niente di nuovo sotto il sole degli indicatori.

Dove vivono i più ricchi del mondo

 In quali zone e parti del mondo hanno collocato la propria comoda dimora gli uomini più ricchi del mondo? Dove vivono, cioè, i super ricchi del pianeta, che secondo una recente ricerca del Boston Consulting Group, hanno oltretutto incrementato, nel 2012, la loro ricchezza del 7,8, raggiungendo in totale i 135 trilioni di dollari?